Venezuela, Maduro taglia 5 zeri al bolivar. L’opposizione convoca lo sciopero

Juan Barreto/ AFP in foto Nicolas Maduro

Caracas (LaPresse/AFP) – Sono state messe in circolazione in Venezuela le nuove banconote private di cinque zeri, introdotte nell’ambito del piano del presidente Nicolas Maduro per contrastare la super-inflazione e dare una ‘spinta’ all’economia in crisi. Mentre gli imprenditori criticano la misura e i cittadini fanno i conti con fame e scarsità di prodotti, il Paese sembra paralizzato. Il governo ha dichiarato lunedì giorno festivo, per consentire al sistema bancario di adeguarsi all’introduzione del ‘bolivar sovrano’, lanciato per sostituire il ‘bolivar forte’. In un video diffuso nella notte di lunedì su Facebook, Maduro ha detto che il lancio della nuova moneta è andato bene, insistendo sul fatto che “il sistema bancario si è comportato magnificamente”.

Nel 2008 l’allora presidente Hugo Chavez aveva eliminato tre zeri al bolivar, in un’altra grande riconversione della moneta. Ora la nuova banconota di maggior valore, da 500 bolivar, equivale a 50 milioni di bolivar del vecchio conio. Carlos Larrazabal, presidente della Federazione delle camere di commercio (Fedecamaras), afferma che la misura non farà altro che “aumentare l’instabilità economica”. Sospese per oltre 12 ore domenica, le transazioni elettroniche sono riprese poi in un clima di palpabile incertezza. Oltre alla ‘nuova’ moneta, Maduro ha annunciato altre misure per contrastare la povertà. Fra cui l’aumento del 3.400% del salario minimo da settembre, per la quinta volta quest’anno. “E’ una misura folle”, secondo Henkel Garcia, economista e direttore di Econometrica. Maduro, nel video online, ha anche lanciando una velata minaccia alle compagnie che non si adegueranno all’aumento: “Dovranno risponderne a noi”, ha affermato, senza precisare eventuali sanzioni.

Critiche provenienti da più parti per la decisione

Il Fondo monetario internazionale ha previsto che l’inflazione in Venezuela raggiungerà l’un milione per cento nel 2018, rendendo praticamente privo di valore il vecchio bolivar. L’Onu ha calcolato che la crisi economica ha spinto oltre due milioni di persone a fuggire dal Paese, 500mila solo quest’anno. Al confine con il Brasile il flusso di persone che espatriano continua, nonostante circa 1.200 venezuelani siano stati costretti a rientrare nel loro Paese dalle violenze che hanno spinto il presidente brasiliano Michel Temer a inviare l’esercito.

“Il Venezuela sperimenterà un miracolo economico”, ha promesso Maduro, ex autista di bus e leader sindacale. Ma economisti e opposizione sono scettici e ques’ultima ha indetto per oggi uno sciopero generale contro il piano. Secondo una ricerca annuale condotta da varie università del Paese, il 90% dei venezuelani vive in povertà e oltre il 60% ammette di svegliarsi affamato perché non ha denaro per comprare cibo sufficiente a sfamarsi. Per Henrique Capriles, noto leader dell’opposizione, “il governo ha deciso di gettarci nel disastro finale”. Andrés Velasquez, esponente dell’opposizione, ha parlato di “uno sciopero” che è “il primo passo di un’agenda di lotta che certamente prevederà altre interruzioni”. Ma Diosdado Cabello, lealista di Maduro e presidente della Costituente, ha promesso una “contro-manifestazione”.

Continua lo stato di incertezza nello Stato sudamericano

Tra le misure volute da Maduro c’è il legame tra il ‘bolivar sovrano’ e la criptomoneta, emessa nel febbraio scorso e agganciata al petrolio. Ogni petromoneta vale circa 60 dollari, sulla base del prezzo di un barile di petrolio venezuelano, e vale quindi 3.600 bolivar sovrani. Il salario minimo è stato aumentato e portato a circa metà di una petromoneta, cioé 1.800 bolivar (28 dollari). Il ministro dell’Informazione, Jorge Rodriguez, ha insistito sul fatto che le riforme saranno finanziate con “entrate del petrolio, tasse e entrate da aumenti del prezzo del carburante”.

Caracas ha infatti anche deciso il taglio ai sussidi al carburante, nel tentativo di evitare il contrabbando verso l’estero. Dal 2012 questi sussidi sono costati al Paese 10 miliardi di dollari, secondo l’analista Luis Oliveros. Ma senza di essi la gran parte dei venezuelani non avrebbe potuto comprare benzina. I prodotti petroliferi costituiscono il 96% delle entrate di Caracas, ma sono calati al dato più basso da 30 anni con 1,4 milioni di barili al giorno, rispetto al record di 3,2 milioni di 10 anni fa.

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