Funivia, Tadini ai domiciliari. Nerini e Perocchio liberi

Smontata le tesi della procura di Verbania

Tragedia sulla funivia Stresa (Foto Ufficio stampa Soccorso Alpino/LaPresse)

VERBANIA – Il gip Donatella Banci Buonamici smonta le tesi della procura di Verbania: escono dal carcere tutti e tre i fermati per la strage alla funivia del Mottarone. Il gestore Luigi Nerini e il direttore d’esercizio Enrico Perocchio sono liberi. Il caposervizio Gabriele Tadini, l’unico ad aver confessato di aver inserito i ‘forchettoni’ e inibito l’impianto frenante di emergenza, è finito ai domiciliari. “Sono professionalmente soddisfatto – ha detto il suo legale – Sarebbe stato offensivo chiedere la libertà”. Tadini è uscito dal carcere poco dopo la mezzanotte, scortato proprio dal suo avvocato Marcello Perillo. Per il caposervizio, secondo il gip, la misura è stata decisa anche in base all’età e al suo “stabile contesto familiare”.

Dopo circa un’ora ha lasciato il carcere di Verbania anche Enrico Perocchio: “Sono partito immediatamente per recarmi sul luogo dell’incidente, le telefonate non mi dicevano subito che era una strage. Sono partito subito nella speranza che si trattasse di un accavallamento”, spiega ai giornalisti a proposito di ciò che è accaduto il 23 maggio, il giorno della strage che ha provocato la morte di 14 persone. A chi chiede cosa abbia pensato una volta saputo delle accuse, risponde: “Onestamente mi sono sentito morire, ho pensato non è possibile, non è possibile, sul momento mi sono sentito come un macigno”. Tra le cose che più lo hanno colpito, ha detto Perocchio, c’è “il fatto che venisse detto che ho detto che fossi io ad avallare una cosa che non ho mai avallato”. Il suo legale, Andrea Da Prato, ha insistito sul fatto che Perocchio non fosse infatti a conoscenza dell’uso dei ‘forchettoni’.

L’ultimo a uscire dal carcere è l’amministratore di Ferrovie del Mottarone srl, Luigi Nerini. “Mi dispiace tantissimo”, sono le sue uniche parole mentre, scortato dagli avvocati, si reca alla sua auto. I tre restano indagati. “Il giudice ha ritenuto che le prove a loro carico non fossero sufficienti – ha detto la procuratrice Olimpia Bossi uscendo dal carcere, dopo la lettura del dispositivo da parte del gip davanti ai tre fermati nella notte di martedì – Gli indagati restano gli stessi”.

Secondo il gip, il fermo per i tre “è stato eseguito al di fuori dei casi previsti dalla legge” e per questo non può essere convalidato. La motivazione addotta dalla procura era quella del pericolo di fuga, che però secondo il gip non sussiste. Durissime le motivazioni per non convalidare il fermo: “Suggestivo ma assolutamente non conferente è il richiamo al ‘clamore mediatico’”, spiega il giudice che definisce “di totale irrilevanza” questo dettaglio in merito al pericolo di fuga per i fermati.

Nel dettaglio, la gip sottolinea anche che non si comprende perché Perocchio o Nerini avrebbero dovuto “avallare” la decisione di inserire i forchettoni come fatto, e ammesso, da Tadini. Le dichiarazioni rese dai testimoni, infatti, accuserebbero Tadini ma non direbbero nulla, secondo il gip, a proposito della “correità” degli altri due.

(LaPresse)

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