G20, migliaia al corteo pacifico contro il summit di Buenos Aires

La crisi dell'Ucraina pesa sul G20, il summit Buenos Aires sotto tensione

A security guard passes near banners of the G20 Meeting of Finance Ministers and Central Bank Governors being held in Buenos Aires, on March 20, 2018. Global economic leaders are holding a two-day meeting in Buenos Aires. / AFP PHOTO / Eitan ABRAMOVICH

Buenos Aires (LaPresse/AFP) – “No al G20”, “No al Fmi”, “Fuori Trump”. Sono alcune delle scritte sugli striscioni delle migliaia di persone che hanno manifestato nel centro di Buenos Aires contro il summit del G20. A pochi chilometri di distanza dal luogo delle riunioni dei leader delle potenze mondiali. Non ci sono stati i temuti scontri e la manifestazione si è dispersa senza incidenti o violenze. La protesta si è incentrata in gran parte sulla decisione di ospitare il vertice. Mentre il Paese deve gestire la crisi economica. Più di 20mila poliziotti erano stati mobilitati per il corteo, nella città trasformata in zona di massima sicurezza. La ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, aveva dichiarato che non avrebbe tollerato “alcuna violenza”, mentre la città ancora si riprende dagli scontri della scorsa settimana tra i tifosi delle squadre di calcio River Plate e Boca Juniors.

La crisi dell’Ucraina pesa sul G20, il summit Buenos Aires sotto tensione

Il summit del G20 in Argentina si apre sotto tensione: a pesare sulle riunioni dei leader ci sono tante questioni bollenti aperte, dall’omicidio del giornalista saudita Jamal Kashoggi alla guerra commerciale tra Usa e Cina, dal riscaldamento globale alla crisi in Ucraina. Quest’ultima si manifesta sulla tesa compresenza a Buenos Aires dei presidenti americano e russo, Donald Trump e Vladimir Putin. All’origine c’è il sequestro di tre navi di Kiev da parte di Mosca nelle acque dello stretto di Kerch, e dei 24 marinai ucraini catturati e incarcerati. Trump ha preso tutti in contropiede giovedì, quando mentre era in volo verso Buenos Aires ha annullato il previsto bilaterale con Putin.

La Casa Bianca ha attribuito la decisione alla tensione in Crimea, ma è stata costretta anche a far riferimento all’altro tema scottante: le nuove rivelazioni nell’inchiesta sul Russiagate, che indaga sull’ingerenza russa nella campagna presidenziale americana e che si stringe sempre più attorno al magnate. Per la portavoce di Trump, Sarah Sanders, l’indagine “penalizza” la relazione tra Washington e Mosca e non c’entra con la cancellazione del bilaterale.

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