Giustizia bloccata a Napoli Nord. Al monocratico udienze al 2026

Gli avvocati: personale all’osso e poche misure alternative al carcere

AVERSA (Tommaso Angrisani) – Sorveglianza e monocratico ‘lumaca’, eccesso dell’utilizzo della custodia cautelare, Riesame ‘blindato’, carenza di spazi e soprattutto di personale. E’ il grido di allarme che arriva dall’avvocatura napoletana e casertana sui problemi della giustizia ai tempi di una riforma – quella Cartabia – che non convince. E c’è chi auspica anche l’amnistia. Principale criticità, secondo i penalisti che lavorano principalmente tra Napoli e Napoli Nord, è il tribunale di Sorveglianza. “Siamo in condizioni pietose – sottolinea l’avvocato Domenico Dello Iacono – rispetto a un tribunale che deve gestire istanze di tutte le carceri del distretto della Corte d’Appello di Napoli. Richieste che si dovrebbero poter controllare giorno per giorno per verificare se in vista delle udienze – fissate a un anno dalla richiesta originaria – l’istruttoria sia completa. E invece si arriva al giorno dell’udienza che manca sempre qualcosa, con rinvii anche di 7/8 mesi. Nel frattempo, però, c’è una persona in galera”. Il tribunale di Sorveglianza, infatti, decide chi può avere accesso alle misure alternative alla detenzione. “Invece la questione è che non c’è personale – spiega il penalista – e per me anche una pessima gestione dovuta alla carenza di organico. Speriamo che col nuovo presidente la situazione migliori”. Altro ostacolo la ‘lista dei 50’: nei 3 giorni di accesso (lunedì-mercoledì-venerdì) si possono smaltire al massimo 50 richieste quotidiane. “Quindi bisogna mettersi in fila all’alba per arrivare prima di un altro collega perché serve quell’informazione, ma se si arriva in overbooking, allora quella stessa informazione salta. Non potendo garantire i dovuti controlli in vista dell’udienza, sistematicamente si ‘becca’ un rinvio, perché nella prima udienza di trattazione il magistrato accerta quello che manca e sollecita le informazioni per il completamento dell’istruttoria. Questo vuol dire che c’è gente alla quale manca 6 mesi al termine della pena, ma con un rinvio a 4 mesi la sconta tutta in galera e significa negare le misure alternative alla detenzione”. Altro problema segnalato dal legale, “ovviamente opinabile”, è la rigidità dei magistrati nell’applicazione della legge: “Oramai al tribunale di Napoli – e non lo riscontro in nessun altro tribunale – si sono sovvertiti due capisaldi del nostro codice processuale. Il primo è che c’è il carcere solo se non c’è un’alternativa: nel 2015 ci fu una legge per incentivare il ricorso ai domiciliari col braccialetto elettronico. I magistrati però non la applicano: oggi avere una scarcerazione è complicato anche quando ce ne sarebbero i presupposti. Per questo ci ritroviamo con 65mila detenuti, perché sono stati irrigiditi i meccanismi di accesso alle misure alternative. Altro principio sovvertito – e lo scrivono i magistrati nelle sentenze – è che nel dubbio uno deve essere assolto, loro invece nel dubbio condannano perché poi ci sono Appello e Cassazione”. Altro scoglio sembra essere diventato il Riesame. “Oramai al mattino ci sono 3/4 procedure al massimo. Al Riesame non si ricorre più, perché nelle ordinanze si va anche oltre i gravi indizi, somigliano sempre più a delle sentenze”.
Un disagio forte, dunque, ribadito anche per il carico del giudice monocratico: “Addirittura – dice l’avvocato Mario Griffo – a Napoli Nord le prime udienze monocratiche vengono fissate al 2026. Ora, considerato che per i reati di competenza i termini di prescrizione in genere non superano i 7 anni e mezzo, in molti casi il processo nasce e muore nello stesso giorno. La riforma Cartabia da un lato aumenta il numero dei reati a procedibilità monocratica e dall’altro introduce meccanismi che favoriscono la congestione processuale. Si dirà che la Cartabia ha ampliato le ipotesi di procedibilità a querela. Ebbene, nella storia processuale italiana, la rimodulazione delle condizioni di procedibilità ha inciso, in termini deflattivi, non più del 2%”.
Ma anche per Griffo il vero problema rimane l’ingolfamento della Corte di Appello e in particolare del tribunale di Sorveglianza. “I compromessi al ribasso della politica hanno escluso l’affidamento in prova dalle pene sostitutive (previste dalla Cartabia) direttamente applicabili dal giudice della cognizione: un paradosso senza spiegazione razionale e, men che meno, giuridica. Ben vengano, poi, i paletti posti sul versante impugnatorio, ma si pensi aduna reale amnistia: non tutto può andare in Appello e non tutti i reati rispondono alle esigenze di offensività. Si auspica, infine, che aumentino archiviazioni e proscioglimenti in udienza preliminare”. In caso contrario. “ci si troverebbe al cospetto di imputati rinviati a giudizio pre-giudicati a prescindere dallo svolgimento del processo”. Anche secondo l’avvocato Fabio Della Corte le maggiori criticità sono a carico di Napoli Nord. “Problemi strutturali legati alle (spesso) inadeguate e troppo piccole aule di udienza, oltre alla carenza di personale nelle cancellerie e negli uffici, sono solo alcuni dei temi di maggiore preoccupazione. Anche lo sforzo dei magistrati è immediatamente percepibile con enormi ruoli di udienza sia monocratica che collegiale. Come avvocato spero che venga realizzata al più presto l’aula bunker e che vengano assegnati nuovi locali. Tutti gli sforzi dell’avvocatura e della magistratura in applicazione della riforma non penso risolveranno nel breve termine i problemi del Palazzo di Giustizia di Aversa”.
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