ROMA – Il braccio di ferro sulla riforma della giustizia continua. Il primo effetto è lo slittamento dell’arrivo in aula, alla Camera, che il governo aveva preventivato per il 23 luglio. Tempi impossibili da rispettare per la II commissione di Montecitorio, alle prese con oltre 1.600 emendamenti, 917 dei quali solo del Movimento 5 Stelle, che continua a tenere alto il muro anche se la trattativa – nella maggioranza, ma soprattutto con il governo – è già partita. Il presidente, Mario Perantoni (M5S), scriverà al presidente della Camera, Roberto Fico, per chiedere un extra-time. Il dossier, intanto, è sulle scrivanie della Guardasigilli, Marta Cartabia, ma anche del premier, Mario Draghi, che lunedì scorso aveva ricevuto assicurazioni dal leader in pectore dei Cinquestelle, Giuseppe Conte, che i suoi avrebbero tenuto un atteggiamento positivo e di collaborazione.
Sulla prescrizione, però, il muro dei gruppi resta alto, anche se nell’ala governista nessuno vuole arrivare all’incidente diplomatico. Un punto cruciale può essere quello annunciato in aula, alla Camera, dalla stessa Guardasigilli, chiarendo che “la riforma prevede un ingresso graduale”, perché “c’è una norma transitoria per consentire agli uffici che sono in maggiore difficoltà di attrezzarsi e sfruttare le occasioni degli investimenti e anche della digitalizzazione per poter essere al passo con i tempi”.
Conte, però, lo ha detto chiaramente in assemblea congiunta con i gruppi pentastellati: pur senza voler difendere bandiere ideologiche “c’è un limite che non possiamo oltrepassare”, cioè “che possano svanire nel nulla centinaia di migliaia di processi, ed è un rischio concreto”, ha ribadito l’ex presidente del Consiglio. In questi giorni più volte questo pericolo è stato associato ai procedimenti per mafia, terrorismo o quelli che riguardano gli eventi più drammatici della storia recente del Paese, come il crollo del Ponte Morandi. Se per la tragedia di Genova ad ampio raggio è stato chiarito che non c’è possibilità che tutto si risolva con la prescrizione, perché i fatti risalgono al 2018, ben prima della riforma Bonafede, ai dubbi sui processi contro la criminalità organizzata – sollevati anche dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho e dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri – è direttamente Cartabia a replicare, alla Camera, durante il question time: “Spesso in questi giorni si è detto che andranno in fumo, non è così”, perché “non è prevista alcuna prescrizione. E nella proposta di riforma, si esclude ogni tipo di improcedibilità”.
A rincarare la dose, però, è l’Associazione nazionale magistrati: “La soluzione messa in campo dall’emendamento governativo” sulla prescrizione “non contiene una misura acceleratoria, capace di assicurare una durata ragionevole, ma un meccanismo eliminatorio di processi destinato ad operare senza poter essere illuminato da un criterio”. In difesa della ministra si schiera il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto: “Trovo più che insidioso il metodo di approccio dei due pubblici ministeri, i procuratori temono un cambiamento di baricentro”.
Oltre a FI e Italia viva, anche Matteo Salvini fa scudo al testo: “Ho profonda stima di Gratteri, ma non condivido le sue preoccupazioni”. Il leader della Lega tende la mando anche a Draghi: “Se il presidente del Consiglio riterrà di dover porre la fiducia, avrà il nostro sostegno”. Sarebbe lo scenario peggiore per il M5S, che al di là delle posizioni pubbliche, all’interno dei gruppi teme una spaccatura – tra ortodossi e governisti – se si arrivasse all’aut aut. Le pressioni sono altissime sui pentastellati, soprattutto da una parte di base che stamattina è tornata in piazza per far sentire tutta la propria contrarietà alla riforma, ma in generale all’andazzo preso dal Movimento.
Importante sarà, in questa partita, il ruolo che giocherà il Pd. I dem restano convinti che l’impianto della riforma Cartabia sia quello giusto, ma sono aperti a miglioramenti. Anche per conservare intatto il filo dell’alleanza con i Cinquestelle, che intanto prova a smontare la narrazione che il testo sia frutto delle interlocuzioni con l’Europa nell’ambito del piano per il Recovery fund. Al Nazareno comunque le sensazioni sono positive sul fatto che la mediazione possa portare a un risultato, anche in tempi brevi. Le modifiche al processo penale sono comunque un crocevia importante: per il governo, ma anche per le forze di maggioranza. E, ovviamente, i rispettivi leader.
(Di Dario Borriello/LaPresse)