Gli oltre 200 abbattimenti che negano il futuro a Casal di Principe

Il destino del Comune è segnato: condannato a dichiarare dissesto

Renato Natale (foto di Mauro Pagnano)

CASAL DI PRINCIPE – Una parolina magica: buonsenso. Potrebbe spezzare quell’incantesimo che sta condannando la città al dissesto finanziario, che le impedirà di aiutare con forza le fasce deboli, che le toglierà mezzi e risorse per tutelare l’ambiente. Ed invece non viene usata. E’ merce rara. Perché lo Stato, ora, chiede che venga rispettata la legge senza badare al contesto (non sempre edificante e che per anni la sua non presenza, ha contribuito a creare). Vuole demolire, demolire e ancora demolire.
Ci sono oltre 200 strutture abusive da abbattere: molte sono semplici ‘scheletri’, opere incompiute, solai e pilastri di cemento armato. Ma nel conteggio di quello che ‘deve andare giù’ figurano pure decine di camerette dove dormono e giocano bambini, scrivanie dove studiano, tavoli dove mangiano. Ci sono pareti e tetti che per tanti cittadini rappresentano le loro uniche abitazioni, costruite quando non c’era un piano regolatore (e a Casale è stato approvato solo nel 2006), messe in piedi nei fine settimana, quando chi sarebbe andato a viverci non era impegnato nei cantieri dei loro ‘padroni’ e, rinunciando al riposo, pietra su pietra realizzava quei nidi.

L’abusivismo edilizio per Casal di Principe rischia di diventare una malattia letale. E se ‘morirà’ è perché per anni lo Stato ha chiuso gli occhi. Colate di cemento in lungo e in largo e non ha battuto ciglio. Ha lasciato correre l’infezione. E adesso è costretto ad amputare. Far rispettare la legge non è male. E’ sacrosanto, soprattutto dove per troppo tempo ha vinto chi deliberatamente l’ha ignorata. Ma se non si usa quella parolina magica, il buonsenso, il semplice applicare le norme con rigore non salverà nessuno. Lo Stato condannerà tutti: chi ha sbagliato e chi non ha sgarrato. Perché a pagare sarà l’intera città, la città di oggi e non quella di 20 anni fa. Verrà punita la Casale che ha lottato, che si sta riscattando da un passato violento, barbaro e a tratti anarchico.
I costi per far fronte agli abbattimenti ricadono sulle casse comunali. L’Ente per demolire è costretto a chiedere quattrini alla Cassa depositi e prestiti. In teoria dovrebbe recuperare quelle somme imputandole a chi ha realizzato gli abusi. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non hanno forza economica. E così il Municipio è obbligato a pagare di tasca sua, ad addossarsi le rate di quei mutui.

Per eseguire la demolizione di quattro strutture Casal di Principe ha già chiesto un prestito di un milione e 300mila euro. E per eliminarle tutte quanto dovrà sborsare? Decine di milioni. Cosa vuol dire? Negare il futuro alla città. E invece servirebbe buonsenso. Quando si tratta di immobili costruiti in zone a rischio idrogeologico e con modalità tali da configurare un pericolo per la sicurezza dei residenti vanno abbattuti senza alcun tentennamento. “Ma a Casale raramente ci troviamo di fronte a casi del genere”, ha spiegato il sindaco Renato Natale. Non ci sono strutture realizzate a pochi metri da corsi d’acqua o sulle pendici di una montagna a rischio frana. Quando si tratta di scheletri parliamo di semplici obbrobri (emblema di un passato che l’amministrazione con sacrificio sta superando). Quando si tratta di case ‘finite’, quasi sempre rientrano nei cosiddetti ‘abusi di necessità’. E decidere di eliminarli ha un duplice effetto: toglie un tetto a chi, molto spesso, non ha la forza di pagarne un altro, e va ad indebitare il Comune. Quello stesso Comune che poi dovrà tendere una mano ai casalesi che si ritroveranno senza un tetto.

La proposta del sindaco: un piano di risanamento ambientale per reagire

“Datemi la possibilità di attuare un piano di rigenerazione ambientale”: il sindaco Renato Natale lo ha gridato a parlamentari e ministri. Ma non viene ascoltato. Mappare le strutture costruite senza rispettare le norme urbanistiche, valutarle caso per caso e laddove possibile sanarle coinvolgendo i loro proprietari senza attivare abbattimenti a tappeto. Un’idea sicuramente ambiziosa, ma di speranza, che potrebbe risolvere la piaga dell’abusivismo. “I proprietari delle strutture ‘illegali’ andrebbero a cedere, ad esempio, parte dei loro terreni per consentire al Comune di formare, dove mancano, piazze, parcheggi, aree verdi. E quando si tratta di strutture con una volumetria maggiore rispetto a quella prevista, potrebbero farsi carico degli interventi di riduzione. I residenti – ha spiegato Natale – avrebbero così le abitazioni ‘sanate’, la città beneficerebbe di aree condivise e le casse pubbliche non dovrebbero farsi carico del costo delle demolizioni”.

Ad oggi delle condizioni in cui versano le strutture che bisognerà buttar giù si sa poco o nulla. “Prima di procedere alle ordinanze di abbattimento, potrebbero essere sottoposte ad una perizia statica in modo tale da comprendere quali sono a rischio. La maggior parte degli immobili che la Procura ci ha chiesto e ci chiederà di eliminare – ha ricordato il sindaco – sono state realizzate quando in città non c’era un piano regolatore. E’ un aspetto importante. E segna una differenza netta tra chi ha costruito prima e dopo la ratifica del Puc. Evitare gli abbattimenti consentirà pure di rispettare un principio che le istituzioni promuovono con forza: non occupare altro suolo”. Quando si tratta far crollare spogli pilastri di cemento, per l’Ente c’è solo il danno economico. “Quando la Procura ci dice di demolire immobili che rappresentano le prime e uniche abitazioni per i cittadini, invece – ha aggiunto Natale -, dobbiamo farci carico anche del dramma sociale. Avremo casalesi che si ritroveranno senza un tetto”. Se non si inverte la rotta, se lo Stato non deciderà di affrontare questa problematica con un’altra sensibilità, Casale e altri territori con un passato poco controllato dovranno arrendersi, sventolare bandiera bianca. La situazione finanziaria diventerà insostenibile. A complicare il tutto c’è la recente pronunzia della Corte costituzionale che ha bocciato una norma che aveva dato ossigeno a molti Enti: consentiva di evitare il dissesto contraendo un mutuo da pagare in 30 anni per far fronte ai debiti. Nel 2013 Casale ne aveva acceso uno presso la Cdp per sborsare un milione e 300mila euro. “Dovremo restituire la somma e saldare il tutto entro la fine della consiliatura. E intano ogni giorno arrivano richieste di intervento per salvaguardare l’ambiente. Il Comune viene compulsato affinché proceda a mettere in sicurezza e a bonificare i siti inquinati. La scorsa settimana – ha ricordato Natale – è stato appiccato un rogo in un’area che a causa degli sversamenti di rifiuti si era trasformata in una mini discarica abusiva. Abbiamo fatto una perizia per capire quanto ci costerà intervenire. Serviranno 40mila euro”: E l’elenco delle spese continua: “Ogni anno per il mantenimento dei randagi l’Ente paga 130mila euro. E ci sono tantissimi cani che vagano per la città perché non abbiamo la forza economica per portarli nei canali. Il denaro che dovremo prevedere per gli abbattimenti – ha concluso il sindaco – toglierà ossigeno a tutto questo e a tanto altro”.

L’ex villetta del clan agli Stabile

Una villetta confiscata alla camorra per dare un tetto alle famiglie di Luigi e Aniello Stabile. “Con due procedure ci eravamo messi alla ricerca di appartamenti da affittire. Ma sono andate tutte deserte – ha fatto sapere Renato Natale -. Gli Stabile in questi giorni si sono mossi anche autonomamente per trovare case pure fuori Casale. E se le avessero individuate sarebbe stato sempre il Comune a farsi carico dei canoni di locazione. Ma hanno ricevuto solo porte in faccia”. Adesso vivono in via Ancona. Le loro abitazioni, però, sono abusive. Vanno abbattute. La Procura di S. Maria Capua Vetere aveva ordinato al Comune di buttarle giù già a marzo, in piena pandemia. Ma il sindaco Renato Natale è riuscito a strappare più tempo che ha speso per evitare di ‘mettere in strada’ le due famiglie. Ci sono 4 minori in ballo e i capifamiglia non hanno lavoro. Vivono con il reddito di cittadinanza. La soluzione più abbordabile per scongiurare questo dramma sociale è rappresentato dalla villetta sottratta al clan. “L’abbiamo acquisita al patrimonio comunale pochi giorni fa. La procedura ha richiesta un mese e mezzo. La useremo per l’housing sociale. E per ricavarne due appartamenti serviranno 70mila euro. Abbiamo bisogno ancora di qualche mese. Speriamo che la Procura ce lo dia. Ho inviato una relazione indicando tutte le azioni svolte per trovare altre abitazioni. Non siamo stati con le mani in mano. Ho scritto anche al ministro della Giustizia Marta Cartabia per chiedere di sospendere almeno durante la pandemia gli abbattimenti quando emergono delle criticità sociali. In risposta ad un’interrogazione di Carlo Sarro ha suggerito alle Procure di non procedere in questi casi ad emettere gli ordini di demolizione e ad usare buon senso. Ma i giudici vogliono norme. Adesso – ha concluso Natale – penso ai quattro minori che vivono la tragedia di dover lasciare le case dove sono cresciuti. Faremo di tutto per proteggerli”.


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