Il summit fiume a Palazzo Chigi

Il vertice per rilanciare l’azione dell’esecutivo. Al termine il leader della Lega ha affermato: il governo va avanti, mai avuto dubbi

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Giuseppe Conte

ROMA – Una stretta di mano e una battuta del leader della Lega al rientro a casa: “Tutto bene, il governo va avanti. Mai avuto dubbi”.

E’ durato due ore il vertice di Palazzo Chigi. Tutti e tre non si vedevano da settimane, superate le tensioni pre e post voto e messo in chiaro che la volontà di staccare la spina al governo non c’è, almeno per adesso, hanno convenuto che era il momento di tornare a parlarsi.

Il fatidico vertice tra il premier Giuseppe Conte e i suoi due vice, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, per rilanciare l’azione del governo è si è tenuto ieri. Di argomenti sul tavolo ce ne sono stati fin troppi. In primis, la trattativa sull’Europa per evitare la procedura di infrazione. Conte, che ha visto il candidato del Ppe alla presidenza della commissione, Weber, ribadendogli di volere per l’Italia un ruolo di protagonista, ha già chiarito in un colloquio con Corsera che bisogna fare “attenzione” a sfidare Bruxelles, perché se l’infrazione “viene aperta davvero, farà male all’Italia”.

Non è tanto e solo questione di multa, ragiona il premier, quanto gli anni di verifiche e controlli che ne deriveranno, con il risultato di compromettere la nostra sovranità in campo economico, senza considerare che potrebbero essere messi a rischio i risparmi degli italiani. Il premier è chiaro, non devono esserci interferenze né boutade – come quella sui minibot – nelle trattative con l’Europa. “Devo poter condurre insieme al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, il negoziato senza distonie e cacofonie”, anche perché, ricorda, in Europa le forze oggi al governo del Paese non sono in maggioranza in Europa. Parole che non piacciono alle forze di maggioranza. Se dal M5s, come diceva domenica Di Battista, ricordano che “viviamo in una Repubblica parlamentare”, Salvini ribadisce che “Io sto al governo se posso aiutare gli italiani.

Se qualcuno pensa di stare al governo per tirarla in lungo o per crescere dello zero virgola. Non è quello di cui gli italiani hanno bisogno”. E in Europa “non abbiamo voglia di scontrarci con nessuno” ma “la nostra forza in Europa è che diamo tanto e riceviamo poco. Non abbiamo bisogno di chiedere soldi agli altri, chiediamo di poter aiutare la nostra gente”. Nessun arroccamento sui minibot, “a me interessa il risultato, lo strumento non conta”, assicura il Capitano, “Siamo pronti a raccogliere suggerimenti. Vogliamo rimettere nelle tasche di imprese e famiglie dieci miliardi che diventano economia reale? Sì. Noi abbiamo proposto un’idea che c’è nel contratto ed è stata approvata all’unanimità in commissione Bilancio in Parlamento. Se ci sono altre idee sono felice. Lo dico ai signor no che ci sono dentro e fuori: a me interessa arrivare all’obiettivo”. Una posizione ragionata: del resto l’idea dei minibot, soprattutto dopo la stroncatura di Mario Draghi, è stata considerata tanto suggestiva quanto difficile. E per la Lega del resto il cavallo di battaglia principale rimane quello della riforma fiscale e soprattutto della flat tax. “Mi aspetto un sì sul salario minimo”, aveva detto Di Maio.

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