Guerra nel clan dei Casalesi. Michele Zagaria voleva uccidere Barbato

Nel 2008 l’inizio delle ostilità con l’assassinio di Michele Iovine. Nel 2009 il ritorno di Salzillo finito in tragedia

Michele Zagaria

CASAPESENNA – Si erano giurati guerra: Michele Zagaria Capastorta e Nicola Schiavone erano pronti a distruggersi. E se fosse scoppiata, del clan dei Casalesi, probabilmente, sarebbero rimaste solo le ceneri. Morti su morti e terrore.

La talpa del figlio di Sandokan

Tra i due boss (dal 2008 fino ai giorni della loro cattura) i rapporti erano diventati tesi.
Schiavone studiava un piano per uccidere il rivale. Riuscì anche ad agganciare un fiancheggiatore di Capastorta grazie al quale iniziò ad ottenere informazioni sui suoi spostamenti e nascondigli.
Gli serviva tracciare la rete di copertura della latitanza (durata 16 anni). E una volta svelata, avrebbe agito. Schiavone era deciso: il casapesennese andava eliminato per gli affronti subiti. Troppe le ingerenze economiche, troppe le decisioni prese in autonomia senza consultarlo.

La reazione di Capastorta

E Zagaria non stava a guardare: conosceva le intenzione di Schiavone ed era pronto a colpirlo in modo duro. Come? Eliminando uno degli affiliati a lui più vicini. Chi? Francesco Barbato ‘o sbirro. A raccontarlo a Maurizio Giordano, pm della Dda di Napoli, è stato Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, dal 2019 collaboratore di giustizia. “Già nel 2010, Michele – ha riferito il pentito – aveva deciso di uccidere Barbato, vicinissimo a Nicola. Questa decisione era stata trasmessa a Giovanni Garofalo il quale, per ordinare l’omicidio, si era rivolto a me. Quando Giovanni mi portò questa notizia rimasi molto scosso, perché capii che probabilmente i stava per scatenare una pericolosa guerra di camorra che avrebbe rischiato di far perdere la vita soprattutto a me e a lui, Garofalo, in quanto agli occhi degli Schiavone eravamo persone legatissime a Michele. Sicché l’eventuale omicidio di Francesco Barbato, da parte nostra, avrebbe comportato la pressoché certa risposta degli Schiavone nei nostri confronti. Fui io personalmente a far desistere Zagaria dal proposito di uccidere”.

I morti della ‘guerra fredda’

A Barbato non fu torto un capello. E qualche mese dopo il pentimento di Nicola Schiavone, avvenuto nel 2018, anche lui, con una condanna all’ergastolo irrevocabile (per il triplice omicidio Papa-Minutolo-Buonanno) ha deciso di iniziare a collaborare con la giustizia. Ma quella guerra mai scoppiata del tutto tra Zagaria e Schiavone ha causato comunque sangue.

Delitto Iovine

L’inizio delle ostilità tra i due boss ha una data precisa: il 28 gennaio 2008, quando Michele Iovine, referente del clan su Casagiove e dintorni, venne assassinato a due passi dalla sua abitazione. Ad ordinarne l’assassinio, ha ricostruito l’Antimafia, fu proprio Zagaria per avere mani libere nell’hinterland di Caserta e piazzare lì un suo uomo. Gli autori di quell’agguato, al momento, non sono ancora noti.
La cosca casapesennese, gradualmente, si stava ingrandendo. Troppo per Schiavone. E a suoi occhi, ad aggravare il tutto, c’erano i mancati versamenti di denaro nella cassa comune. Il meccanismo di assistenza alle famiglie degli affiliati si stava inceppando. Capastorta agiva in autonomia, tessendo trame con imprenditori che invadevano zone e settori dove proprio gli Schiavone storicamente avevano disteso i loro tentacoli. Il figlio di Sandokan a questa avanzata reagì avvicinandosi a uomini d’affari vicini al casapesennese. E tra questi figura Giacomo Capoluongo che.

Il ritorno del bardelliniano

La fase più delicata di questa ‘guerra fredda’ coincide sicuramente con il ritorno nell’Agro aversano di Antonio Salzillo, nipote di Antonio Bardellino. Dietro al suo rientro a Caserta da Gallarate, dove viveva, ci sarebbe stato lo zampino di Zagaria.
Capastorta se non aveva direttamente favorito la venuta in Terra di Lavoro del bardelliniano, aveva comunque scelto di non agire, di dargli campo libero per indebolire il figlio di Sandokan. E Schiavone vide, infatti, la presenza di Salzillo come un pericolo per la sua persona e per l’intera organizzazione. E in autonomia decise di eliminarlo. Circostanza che ha già più volte riferito ai magistrati nel corso di alcuni interrogatori.
Salzillo venne assassinato insieme al suo autista, Clemente Prisco, di Ottaviano, il 6 marzo 2009 sulla strada che da Cancello Arnone porta a Villa Literno.

Gli arresti e i business da salvare

Lo scontro tra Schiavone e Zagaria non degenerò in una vera e propria faida. A fermarla, probabilmente, hanno contribuito i loro arresti (vennero ammanettati rispettivamente nel 2010 e nel 2011) e l’esigenza di non tutelare gli affari (il sangue avrebbe richiamato sul territorio una massiccia presenza di forze dell’ordine). Nonostante non sia esplosa in tutta la sua potenza, in soli 2 anni la ‘guerra fredda’ tra Schiavone e Zagaria ha causato tre vittime: mafiosi o meno, poco conta. Restano vite spezzate.

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