Il coraggio delle mamme, la vittoria delle donne

Maria Bertone, direttore di Cronachedi.it, Cronache di Napoli e Cronache di Caserta
Maria Bertone, direttore di Cronachedi.it, Cronache di Napoli e Cronache di Caserta

Ha lineamenti femminili, e il coraggio che solo chi genera la vita può avere, il decreto che prevede norme più rigorose per contrastare il fenomeno dei reati commessi dai minori. E’ donna il presidente del Consiglio che in tre mesi ha modificato un impianto normativo vecchio di 35 anni, sono donne le due cuginette del Parco Verde che, nel denunciare l’orrore subìto per mano di un gruppo di coetanei, hanno provocato quell’onda di indignazione che spesso è il vero motore per il cambiamento. E’ donna la madre di GiòGiò Cutolo, ucciso per difendere un amico dalla follia di un 17enne già vecchio e abbrutito nell’anima eppure non giudicabile con le leggi ‘dei grandi’. Ciò che è nato all’alba del 31 agosto scorso, proprio mentre Giorgia Meloni arrivava per la prima volta a Caivano, mentre un figlio della Napoli più bella moriva, è qualcosa di inspiegabile, ma che ha un nome e un cognome: Daniela Di Maggio. Una mamma che è riuscita a fare in tre mesi quello che non erano riusciti a fare prima decine di governi: è bastato l’esempio del figlio che ha cresciuto. Tutte le morti sono ingiuste, ma quella di GiòGiò un po’ di più: quando a soccombere alla violenza è un ragazzo perbene, dall’animo sensibile, impegnato sul territorio, che non aveva mai pensato di lasciare Napoli e i suoi problemi ma provava a risolverli con la bellezza della sua musica, la perdita è doppia. Nel giorno dell’esultanza per il risultato ottenuto il rammarico è proprio questo: quanto sangue innocente deve scorrere perché chi è deputato alla tutela delle nostre vite se ne faccia carico? Quanti GiòGiò devono essere seppelliti nel fiore degli anni? “Hai una figlia? Come si chiama? Conduco questa battaglia anche per lei”, mi ha detto mamma Daniela quando ci siamo incontrate. “Il mio gigante di un metro e 85 me l’hanno ridato in un vasetto di cenere. Nessuna madre deve soffrire quello che sto soffrendo io”. Nell’Italia che incensa anche l’ultimo degli improvvisati, datelo a lei un premio. Una donna che non urla, che sa quello che dice, perché ha studiato e studia ancora, che non piange a favore di telecamera, lontana anni luce dai clichè della ‘mater dolorosa’, e pure un po’ vaiassa, che una certa (ingiusta) iconografia ha sempre affibbiato alle donne a sud del Tevere.  “Le nazioni si formano sulle ginocchia delle madri”, amava ripetere Otto von Bismarck. Ma se nessuna madre merita di seppellire un figlio, nessuna nazione merita figli criminali. E se le madri mancano, o sono fallaci, per qualsiasi ragione, deve esserci una giustizia in grado di riparare, dove l’impostazione securitaria e la prospettiva di una rinascita culturale, sociale e civile vanno di pari passo. Sul bisogno di sicurezza non può esserci battaglia politica (e questo il governatore De Luca lo sa da prima della Meloni): è un diritto inalienabile. A Giògiò non siamo stati in grado di garantirlo: che sia l’ultima vittima della politica miope.

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