CASAL DI PRINCIPE – Figlio d’arte, in campo criminale (il papà è Giuseppe Diana cuolle e pinto), e “persona di fiducia” di Ivanhoe Schiavone: è l’identikit di Oreste Diana tracciato dalla Dda.
Le accuse
Il principale accusatore del 22enne è stato Salvatore Orabona, il ras che fino al 2016 (data del suo pentimento), in un clan dilaniato dagli arresti, si è ritrovato ad occupare per diversi mesi un ruolo di primo piano nell’organizzazione.
Stando alle dichiarazioni del collaboratore, Diana “per conto di Schiavone si è occupato della gestione delle piazze di spaccio, nonché della gestione di punti di scommesse sportive intestate a prestanome”.
Lo spaccio
Il 28enne, originario di San Cipriano, ma da anni trasferitosi a Trentola Ducenta, è stato inserito da Orabona nella schiera di ‘figli dei boss’ chiamata a gestire l’affare droga nell’Agro aversano, un business diventato negli ultimi anni sempre più fondamentale per la mafia locale.
Con Diana a tenere in mano le redini dello spaccio, ha sostenuto l’ex affiliato, ci sarebbero stati anche altri giovani. Si tratta di Emilio Martinelli, Gaetano Diana e Francesco Caterino (non coinvolti nell’inchiesta), rispettivamente figlio di Enrico Martinelli, Elio Diana e Giuseppe Caterino.
Non solo Orabona. A parlare di Diana alla Dda è stato anche Raffaele Maiello: nel 2013 il pentito lo ha tirato in ballo in merito ad una lite che andò in scena in due step.
La coltellata
Protagonisti della prima zuffa, avvenuta nell’estate di 8 anni fa, era stato un fratello di Oreste e tale Pasquale, “parente di Giuseppe Del Vecchio detto mandarino, anch’egli - ha sostenuto Maiello – soggetto pericoloso affiliato al clan dei Casalesi”. Nella prima parte della rissa, il figlio minore di Giuseppe Diana ebbe la peggio, venendo colpito da un fendente. Successivamente, nel dicembre del 2012 (la seconda fase dello scontro), sarebbe intervenuto direttamente Oreste con una pistola. Ma quando premette il grilletto per far fuoco, l’arma si inceppò e il Pasquale che, già, mesi prima, aveva colpito il fratello, ne approfittò per reagire e sferrargli una coltellata. Tale episodio è stato raccontato anche nel maggio del 2017 da Oreste Diana ad un suo amico, di nome Antonio , detto ‘u picciu’. Il dialogo tra i due è stato intercettato grazie ad un’ambientale piazzata nella macchina del figlio di cuolle e pinto.
Il giovane è a processo con l’accusa di camorra e associazione finalizzata al commercio di droga. Difeso dall’avvocato Luigi Monaco, lo scorso ottobre a lui, Giacomo Capoluongo e ad altre 12 persone è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Per loro la Dda ha ottenuto il giudizio immediato.
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