Il Movimento 5 Stelle è finito, Di Maio lascia e parte la diaspora

in foto Luigi Di Maio Foto Shamil / Zhumatov / Pool via AP

NAPOLILuigi Di Maio lascia il Movimento 5 Stelle e porta con se un tesoretto di circa 60 parlamentari. Abbracci e commozione dopo il discorso di congedo che lo ha visto ‘bastonare’ gli ormai ex compagni di partito e il loro leader Giuseppe Conte. La liturgia istituzionale è stata rispettata: prima di parlare alla stampa il ministro degli Esteri è salito al Colle per confrontarsi con il presidente della Repubblica e subito dopo è andato in scena l’atto ‘goodbye my friends’. “Da oggi inizia un nuovo percorso – ha detto – Uno non vale l’altro. Lascio il M5s, è una scelta sofferta, che mai avrei immaginato di dover fare. Da domani non è più la prima forza in parlamento”. Confermata la chiusura di un capitolo in cui ascesa e declino del M5S sono avvenuti nell’asso di un decennio. Il gruppo di senatori e deputati che ha deciso di seguire Di Maio è numeroso tra i deputati che dovrebbero essere Adelizzi, Alaimo, Aresta, Battelli, Cadeddu, Casa, Cassese, Castelli, Cillis, Daga, Deiana, Del Grosso, Del Sesto,  D’Ippolito, di Sarno, Di Stefano, D’Uva, Fantinati, Faro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Giarrizzo, Giordano, Grande, Grimaldi, Iorio, L’Abbate, Licatini, Lombardo, Macina, Maglione, Manca, Maraia, Martinciglio, Nesci, Pallini, Rizzo, Ruocco, Scagliusi, Serritella, Terzoni, Vacca, Valente, Vignaroli. A cui si aggiungono i fedelissimi campani Vincenzo Spadafora, Alessandro Amitrano, Luigi Iovino, Andrea Caso, Iolanda Di Stasio e Carla Ruocco. Tra i senatori sembrano figurare Fenu, Trentacoste, Campagna, Di Nicola, Nocerino, Castiello, Corbetta, Leone, Lorefice, Santangelo e Donno a cui si aggiungono i campani Vincenzo Presutto e Sergio Vaccaro. Tutti al seguito di Di Maio e distanti da Conte non da ieri, ma da mesi. Perché della scissione dimaiana si parla da almeno un anno. Il momento è arrivato e l’ultima stoccata del ministro a Conte e, anche al presidente della Camera Roberto Fico, con cui non c’è mai stata sintonia. “Mi dispiace dire che la prima forza politica in Parlamento abbia messo in discussione il lavoro del premier e del ministro degli Esteri – questa la stoccata – solo per provare a recuperare qualche punto percentuale senza riuscirci. Pensare di picconare la stabilità del governo solo per la crisi di consensi è da irresponsabili. In questi mesi la prima forza aveva l’obbligo di evitare ambiguità. Abbiamo scelto di fare un’operazione verità, partendo proprio dall’ambiguità in politica estera del M5S. E continuiamo a sostenere il governo”. Tra i campani ovvi gli interventi dei fedelissimi di Fico come Luigi Gallo che ha definito i dimaiani sabotatori, meno comprensibili quelli di chi per molto tempo è stato tra le fila del ministro come Agostino Santillo. “Credo che qualcuno non abbia compreso la necessità di mettere da parte il proprio “io”, come molti di noi hanno fatto negli anni, per una causa più grande – ha sostenuto – Qualcuno non ha voluto accettare, insomma, che ciò che non piaceva a lui era quello che gli attivisti avevano scelto: ovvero una leadership chiara del Presidente Conte”. Più che di scelta è stata una ratifica, ma per i grillini queste sono quisquilie. Dalla parte di Di Maio, da sempre, Presutto. “Un importante parte del M5S avvia una fase più matura dell’azione politica – ha spiegato – Le fibrillazioni interne hanno consentito il verificarsi di questa situazione. La speranza è che possa essere seguita da altre forze politiche che vivono sconvolgimenti interni in quanto le problematiche che dovremo affrontare in futuro richiedono una classe politica più matura per lavorare alla fase costituenda di un sistema istituzionale più efficace ad affrontare bisogni degli italiani e valorizzare i beni comuni. Le prossime sfide necessitano di una grande trasformazione del sistema politico italiano. Servono partiti più maturi mettendo da parte il leaderismo un fenomeno inutile e sterile”. Il governo tiene. Il Movimento 5 Stelle è finito.

Si spacca a metà anche il gruppo grillino in Regione

Il gruppo del M5S nel consiglio regionale della Campania rischia già di spaccarsi come una mela. Ieri era tempo di pallottoliere al Centro Direzionale, nelle stanze pentastellate. Gli ultimi rumors parlano di almeno tre possibili consiglieri in partenza, per unirsi al progetto moderato del ministro degli Esteri. Per una di loro è indiscutibile la fedeltà a Di Maio: l’attuale capogruppo Valeria Ciarambino (a sinistra), due volte candidata alla presidenza della Regione. Considerati vicini a lei Gennaro Saiello e Salvatore Aversano. Contiani, viceversa, il vice capogruppo Michele Cammarano (a destra) e Vincenzo Ciampi, che resteranno al posto loro. In bilico tra le due anime, invece, Luigi Cirillo, il quale tuttavia dovrebbe restare nel M5S. A febbraio, peraltro, il gruppo aveva perso Maria Muscarà, ostile all’entrata del movimento nel governo Draghi, e passata nel misto. La scissione, comunque, pone domande sul posizionamento del futuro gruppo dimaiano. Si accosterà alla maggioranza di De Luca? C’è chi ricorda come l’opposizione barricadera, tra i 5 Stelle, sia ormai archiviata da molto. I toni oltranzisti – scontentando tanti nella base – hanno lasciato il campo a una linea più morbida. Ora la scissione, di marca “filogovernativa” a Roma, potrebbe perfino puntellare i numeri del governatore. Ma la situazione è in divenire. “Tutto può cambiare. – premettono da ambienti pentastellati – Un conto sono i ragionamenti fatti quando tutto è aleatorio, sul chi sta con chi, un altro quando si passa ai fatti. Ora bisogna vedere chi ha il coraggio di fare cosa”. Tra l’altro, gli eventi hanno travolto ogni congettura. “C’è stata un’accelerata – spiega la fonte grillina -, ci si aspettava una riflessione che durasse un paio di settimane, nessuno prevedeva tempi così brevi. E tutti speravano in una riappacificazione”. Speranza tramontata.

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