Il pitale di Keller

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Col termine di “avanguardia” in campo culturale ed artistico, si è sempre definito un movimento di pensiero e poi di azione che non trova alcun riscontro nel passato. Una condizione intellettuale ed artistica che non si concede alle mode del momento ma nemmeno a quelle del passate. In sintesi: si tratta di una novità, di un’innovazione oppure dello sviluppo di un pensiero critico che rivoluziona lo stato delle cose. Uno dei fenomeni di avanguardia per eccellenza del ‘900 è stato il Futurismo che prese vita con Filippo Tommaso Marinetti e, in parte, anche con Gabriele D’Annunzio che ne condivise, per certi versi (e per un certo periodo), le modalità originali con le quali quel movimento si esprimeva (dalla semantica alla letteratura, dalle arti figurative, al politico fino al sociale). Per molto tempo il Futurismo è stato associato alla cultura del Fascismo, ma così non fu, sia perché quella “corrente” spaziò in campi nei quali il Regime non sarebbe mai entrato, sia perché si trattava di un movimento sostanzialmente libertario se non anarcoide e questo contrastava con il carattere gerarchico, imperativo ed impositivo del nascente “Mussolinismo”. Così almeno asseriva il padre culturale della borghesia, Giuseppe Prezzolini, il quale, pur avendo scritto il manuale dei conservatori, dove declinò tutte le caratteristiche dell’uomo di destra, non aderì mai al Fascismo ancorché venne spesso chiamato in causa nei cenacoli letterari ed omologato a quella stessa radice ideologica. Prezzolini emigrò in America a dirigere l’Istituto di Cultura Italiana lasciando il Belpaese al suo destino. In verità occorre dire che diversi seguaci del Futurismo furono conviti aderenti ai fasci di combattimento, preludio delle quadrate legioni del Duce. Interventisti sfegatati, avventurieri matricolati, non potevano certo sottrarsi al cimento della guerra patriottica del 1915-1918 di cui esaltarono gli esiti vittoriosi patendone, poi, la delusione da reduci dei campi di battaglia. Tuttavia, come tutti i movimenti di avanguardia, il Futurismo non ebbe molto seguito a livello politico e sociale se non sul piano culturale ed artistico, con l’introduzione nell’espressione linguistica italiana, di aforismi e dettati epici. Per esempio, Marinetti non inviava saluti ma “alati saluti” ed i pittori non si uniformavano più ai criteri del tempo preferendo seguire l’impressionismo francese, il cubismo e la scomposizione delle forme. Una lunga prolusione, la nostra, per dire che le avanguardie sono una cosa seria, portata avanti da uomini tanto preparati da percepire che un impianto culturale, una tradizione artistica comincia a non rispondere più alle esigenze di chi ha altro da sperimentare in campo intellettuale. In Italia pare che questo particolare sia ignorato, che basti cioè esibirsi in maniera stramba oppure originale per potersi fregiare dell’etichetta di “avanguardista”. Tra i protagonisti di questa categoria molti sono artisti, personaggi che sfruttano la notorietà acquisita come cantanti, attori, registi, comici ed imitatori. A parte il clamoroso caso di Beppe Grillo e del Movimento Cinque Stelle, ricordiamo le filippiche di Adriano Celentano, le canzoni “engagé”, quelle impegnate politicamente oppure socialmente di questo o di quel cantautore, per non parlare della filmografia che dal neorealismo in poi ci ha propinato, come verità assolute, le opinioni politiche dei soliti registi organici alla sinistra oppure le intime convinzioni e le reminiscenze del loro tempo passato. Insomma: spesso l’artista sconfina e quando incontra il pubblico particolarmente incline a far polemica, lo asseconda pur di guadagnare consensi. Ora che il cinema ha perso la sua forza propulsiva di denuncia politico-sociale e l’arte i punti di riferimento espressivi (figurativi o narrativi che essi siano), la critica pascola soprattutto tra i cantanti che fanno a gara a mostrarsi “avanguardisti”, fino al punto di travalicare quel sottile limite che separa il sublime dal ridicolo. Limiti che vengono superati non solo dalla foggia degli abiti e dalla sguaiata esibizione del corpo, fino a giungere all’indeterminatezza del genere ed all’esibizione sfacciata dei gusti sessuali, ma anche dall’analfabetismo che appare maestoso dopo solo una trentina di secondi che abbiano aperto bocca. Eppure costoro fanno “opinione” e non è raro assistere ad un predicozzo moralistico e pauperistico da chi, per quella stessa esibizione, ha preteso (ed ottenuto) cifre stratosferiche in euro. In Italia capita anche questo: che cioè le avanguardie artistiche e letterarie si trasformino in macchiette da avanspettacolo. Quanta nostalgia per un volo di un vero avanguardista, Guido Keller!! Intimo di D’Annunzio alla notizia della mancata annessione di Fiume all’Italia, l’aviatore pluridecorato, lanciò da un aereo un pitale smaltato sul Parlamento Italiano. A quando sulla Rai Tv?
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