Il pizzo di Ferragosto dei babyboss

Il pizzo di Ferragosto dei baby boss
Il pizzo di Ferragosto dei baby boss

NAPOLI – Le nuove leve dei clan fanno ripartire le estorsioni. Oggi sono i nipoti dei boss a prendere le redini del ‘pizzo’. Se ne sono accorti gli investigatori, che esaminano il fenomeno. Già dalle intercettazioni telefoniche: hanno tra i venti e i trenta anni. E sono figli d’arte. Ma andiamo con ordine. Le zone più a rischio a Ferragosto? C’è stato un riequilibrio: il quartiere Secondigliano riprende quota. Anche se le denunce sono poche. Seguono Bagnoli, Ponticelli e Pianura.

I Licciardi con l’Alleanza di Secondigliano detengono lo scettro. Abili a restare sottotraccia, invisibili. Hanno poche ‘gole profonde’. Poi ci sono le nuove leve dei Contini: agguerrite più della vecchia guardia. In competizione con i rampolli dei Mazzarella nel centro storico. Sono le aree, dove la pressione delle cosche è maggiore. 

Del resto i boss hanno imparato una cosa: con la droga si rischia meno, con le estorsioni di più. Per un motivo: le vittime denunciano e fanno partire indagini. Anche se quasi mai nelle fasi iniziali. 

Secondo gli inquirenti, commercianti e imprenditori spesso denunciano quando proprio non ce la fanno più. Dunque in ritardo. Non alla prima richiesta. Così gli accertamenti molte volte partono dopo intercettazioni telefoniche. E non è la prima volta, che le vittime – rintracciate dalle forze dell’ordine – non ammettano le minacce.  

Altre volte le indagini cominciano dopo agguati. La magistratura individua una associazione e ricostruisce i ruoli: chi si occupa dello spaccio, delle estorsioni e chi è il braccio armato. 

I clan prima di minacciare un negoziante, devono essere sicuri, che non denunci. Non è facile. Pochi giorni fa la polizia ha arrestato sette persone di tre clan, che avrebbero preteso diecimila euro da un ristoratore a Volla. Non si era mai piegato: sapeva che se avesse pagato, lo avrebbe dovuto fare tre volte all’anno. Insomma non ne sarebbe più uscito. Fino a quando ha deciso di denunciare gli aguzzini. 

Sono del clan Aprea, dei De Micco-De Martino e dei Mazzarella. Come è possibile? Una estorsione fatta da tre cosche? 

Secondo gli investigatori, era stato siglato un patto ‘sceleris’: in pratica gli Aprea e i Mazzarella avrebbero fornito supporto ai De Micco-De Martino per ottenere il denaro dall’imprenditore. Uno scambio di favori. Ma non ci sono solo i commercianti nel mirino dei sodalizi criminali. Dieci giorni fa la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare per una persona ritenuta indiziata del reato di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso. 

In particolare, l’indagato, attraverso l’esplicita evocazione del clan De Luca Bossa di Ponticelli, avrebbe preteso il pagamento di una somma di denaro da parte del titolare di un’azienda impegnata nei lavori di pulizia e di manutenzione all’interno dell’ospedale del Mare.  

I clan arrivano fin dove possono. Ovunque. Frequente anche il ‘pizzo’ ai parcheggiatori abusivi. Non solo. Qualunque attività illecita nel quartiere deve essere ‘tassata’ dall’organizzazione di riferimento: dal furto, allo spaccio, all’usura. 

Così i clan fanno cassa e diventano sempre più pericolosi. 

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