Il pomo dell’ipocrisia

La storia è piena di episodi collegati ad un pomo: da quello della Bibbia, che interessa i nostri progenitori (Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden), a quello narrato dalla mitologia greca, detto “pomo della discordia”, oppure del giudizio di Paride, dal nome del futuro principe di Troia, il mortale prescelto dalle divinità celesti per decidere, durante un banchetto di nozze, chi tra Afrodite, Era ed Atena fosse la più bella a tal punto da meritarsi il pomo d’oro che la dea della discordia Eris, esclusa dal “ricevimento”, aveva lanciato, con velenosa malizia, sulla tavola imbandita. In verità avrebbe dovuto essere Zeus a fare da arbitro in quella insolita contesa. Tuttavia il “grande capo” evitò di pronunciarsi, per non inimicarsi nessuna delle contendenti lasciando quell’ingrato compito al più bello degli umani. Per la cronaca: Paride scelse Venere, convinto dal suo dono: la mano di Elena. La sua scelta scatenò un dissidio dal quale scaturì successivamente la guerra di Troia. C’è poi anche il pomo che Guglielmo Tell dovette centrare con la propria freccia sulla testa del figlio per evitare la condanna a morte. Tra l’altro una mela rossa è anche il simbolo di New York, mentre la mezza mela è l’emblema del colosso informatico “Apple”. Insomma stiamo parlando di un frutto fortemente evocativo che di recente ha ulteriormente incrementato la propria fama con la pubblicità della Esselunga che, pur essendo appunto un semplice spot commerciale, ha evocato e richiamato alla mente profonde riflessioni sul divorzio. In disparte il discorso che per i credenti il matrimonio vale come un sacramento e, come tale, pertanto indissolubile. Tuttavia la laicizzazione e la scristianizzazione della società, accentuatasi col Papato dei Bergoglio e la banalizzazione della figura del Pontefice, ha fatto i suoi danni verso il rispetto dei sacramenti. Così pure il relativismo etico che avanza incipiente a causa dei nuovi valori morali “emancipanti” nonché dell’uso della libertà esercitata senza responsabilità , favorisce la società liquida e agnostica, libertina ed irriflessiva, ignorante quanto basta per aderire supinamente alle mode del momento. Il tranello di imporre, attraverso una nuova semantica, l’imposizione di un’etica rinnovata e con essa lo sdoganamento di quei valori diffusi attraverso il “politicamente corretto”, ha cambiato modi di fare, di agire e di pensare. Oggi la velocità con la quale ci giungono – da canali diversi – le notizie induce a non riflettere sulle cose. Risultato: siamo sommersi da una superficialità di gesti non ponderati tra i quali quelli di buttare alle ortiche le esperienze familiari coinvolgendo anche i figli in questo dramma. Purtroppo la nuova etica ha sdoganato i matrimoni omosessuali, le famiglie queer (più persone, anche dello stesso sesso, conviventi), la vulgata che i bambini siano indifferenti ai traumi delle separazione dei genitori naturali. Una filosofia esistenziale che in fondo lancia il messaggio subliminale che questa o quella scelta pari cosa siano, che gli stessi figli si possano avere comunque “su ordinazione”, comprando gameti o fittando uteri. Ormai ci si adegua a tutto ed il mainstream del momento prevede l’incontestabile pena, da parte della consorteria degli omologati alle nuove evidenze sociali, di subire aggressioni e vilipendi se non la si pensa come loro. D’altronde una società cosiddetta “liquida”, nella quale il sesso stesso è indeterminato ed anfotero, nella quale i generi sono stati cancellati, la genitorialità sostituita coi numeri, non può che assorbire la nuova mentalità senza porsi altro problema che non sia quello di doversi uniformare alla massa per sentirsi “alla pari”. Il divorzio e l’aborto furono ratificati con lo strumento del referendum popolare e garantiti dai loro fautori come tutela di quei matrimoni nei quali le donne soccombevano alle prepotenze dei mariti e per proteggerle dalla triste pratica degli aborti clandestini. Tuttavia la Storia ci ha dato responsi diversi: l’aborto è diventato oggi uno strumento malthusiano di limitazione delle nascite. Il divorzio? Un metodo sbrigativo ed irresponsabile per buttare alle ortiche tutti i problemi legati a famiglia, figli e convivenza. Insomma un metodo sbrigativo per disfare la propria vita e quella degli altri. Che fine avranno fatto i consultori, gli assistenti sociali, gli psicologi, gli aiuti, nessuno lo può sapere, promessi in questi casi? Tuttavia questi argomenti non sono più discutibili: i soliti “radical chic” e i leoni da tastiera vietano anche solo di accennarli, perché sono già pronte le lettere scarlatte da collocare su chi nutre dubbi e perplessità, frettolosamente collocato, per questo, tra i trogloditi ed i sorpassati. Allora è bastata una pubblicità, quella di Esselunga, dove si vede una bambina porgere un frutto, appena comprato, al supermarket, al papà separato dicendogli che è un regalo della mamma (chiara la speranza della piccola di rivedere i suoi genitori di nuovo assieme) per scatenare il solito fuoco di fila degli “allineati” pronti a voltare la faccia di fronte a ragioni e valori che sono, sì, taciuti ma pure largamente condividi e diffusi!! Ben vengano allora i pomi della discordia se servono a smascherare l’ipocrisia sociale ed i maître a penser farlocchi e mendaci del terzo millennio!
*già parlamentare
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