Iran, gli Usa aprono al dialogo ma Teheran replica: “Sì al tavolo ma non prendiamo ordini”

Apertura quindi, ma condizionata, quella della Casa Bianca, dopo l'ammorbidimento del presidente Trump verso il regime degli ayatollah

(Photo by Fabrice COFFRINI / AFP)

MILANO – Prove di dialogo tra Stati Uniti e Iran, tra aperture e frenate. Il segretario di stato americano Mike Pompeo, in visita in Svizzera, da Bellinzona in una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri elvetico Ignazio Cassis fa sapere che Washington è disposta a discutere con Teheran “senza precondizioni”. Il capo della diplomazia statunitense però poi precisa: “lo sforzo per invertire radicalmente l’attività maligna della Repubblica Islamica continuerà”.

La Casa Bianca apre a Teheran

Apertura quindi, ma condizionata, quella della Casa Bianca, dopo l’ammorbidimento del presidente Trump verso il regime degli ayatollah, almeno dal punto di vista diplomatico. Dopo che la sua amministrazione ha deciso il ritiro unilaterale dall’accordo dei paesi del 5+1 dell’Onu sul nucleare di Teheran, voluto da Barack Obama. E dopo e aver ripristinato le sanzioni nei confronti del Paese. Paese con il quale da 40 anni gli Stati Uniti non hanno rapporti diplomatici. Pompeo ha ribadito che Washington sarebbe “disposta ad avere una discussione una volta che gli iraniani dimostreranno di comportarsi come una nazione normale”.

L’Iran non accetta ordini

La risposta è arrivata dal presidente iraniano Hassan Rohani, che ha sottolineato come i negoziati con gli Stati Uniti non potranno tenersi se non in un quadro “di rispetto” e “all’interno del diritto internazionale”. “Siamo uomini di ragione e di negoziazione se, e solo se, ci sediamo al tavolo dei negoziati con rispetto e nel quadro del diritto internazionale. E non se i negoziati derivano da un ordine”, puntualizza il capo dello Stato di Teheran.

Niente negoziati senza un cambiamento degli Usa

Più dura la reazione del portavoce degli Affari esteri, Abbas Moussavi, che dopo aver accusato Pompeo di “giocare con le parole”, ha escluso di negoziare con Washington senza un cambiamento visibile “del comportamento generale” degli Stati Uniti. Un dialogo quindi difficile, nel quale si inserisce la Svizzera, che con la sua storica posizione neutrale si propone come mediatore tra i due paesi. Come ha suggerito il ministro degli Esteri di Berna, Cassis. Che però poi avverte: “Non possiamo mediare se non c’è la volontà da entrambe le parti”.

(LaPresse/AFP/di Niccolò Borella)

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