Istat, troppi anziani e pochi bimbi: in Italia madri sempre più tardi

Che non fosse un paese per giovani lo si sapeva da tempo, ma l'invecchiamento della popolazione in Italia continua la sua inesorabile marcia e non sembra volersi arrestare: ancora troppi over 65 - sono quasi 14 milioni e mezzo, 3 milioni in più rispetto a 20 anni fa - rispetto ai ragazzi di età inferiore ai 15 anni. È l'Istat, nel rapporto annuale 2022, che fotografia lo stato d'invecchiamento italiano.

MILANO – Che non fosse un paese per giovani lo si sapeva da tempo, ma l’invecchiamento della popolazione in Italia continua la sua inesorabile marcia e non sembra volersi arrestare: ancora troppi over 65 – sono quasi 14 milioni e mezzo, 3 milioni in più rispetto a 20 anni fa – rispetto ai ragazzi di età inferiore ai 15 anni. È l’Istat, nel rapporto annuale 2022, che fotografia lo stato d’invecchiamento italiano. Di contro, nel primo trimestre 2022, le nascite segnano un ulteriore calo dell’11,9% pari a circa 10mila nati in meno rispetto allo stesso periodo del biennio pre-pandemico 2019-2020, partoriti da madri sempre più ‘grandi’: l’età media alla nascita del primo figlio è di 31,4 anni. Nel 2021, il numero medio di figli per donna è di 1,25, lo stesso del 2001, quando era in atto un recupero della fecondità (soprattutto ad opera delle donne straniere nel Centro-nord) dopo il minimo storico di 1,19 figli per donna toccato nel 1995.

Al 1 gennaio 2022, l’indice di vecchiaia, (rapporto percentuale tra anziani di 65 anni e più, e giovani di età inferiore a 15 anni) è pari a 187,9%, aumentato in vent’anni di oltre 56 punti. Anche nei prossimi decenni si prevede che l’invecchiamento continuerà: l’indice raggiungerà quota 293 al 1° gennaio 2042.

Ad oggi, gli over 65 sono pari al 23,8% della popolazione totale. Nel 2042 saranno quasi 19 milioni, il 34% della popolazione. I grandi anziani (80 anni e più) superano i 4,5 milioni mentre la popolazione con almeno cento anni raggiunge le 20mila unità, valore quadruplicato negli ultimi vent’anni. Nel 2042 gli ultraottantenni saranno quasi 2 milioni in più e gli ultracentenari triplicheranno, raggiungendo le 58mila e 400 unità.

La pandemia ha avuto un impatto rilevante su tutte le componenti della dinamica demografica. La perdita di popolazione ascrivibile alla dinamica demografica negativa è stata pari a 658mila residenti tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021, mentre il deficit è risultato doppio rispetto a quello riscontrato nel biennio 2018-2019 (-296mila).

“La pandemia ha avuto un impatto rilevante su tutte le componenti di una dinamica demografica già in fase recessiva sin dal 2014. L’eccesso di mortalità registrato nel 2020 è stato accompagnato dal dimezzamento dei matrimoni e dalla forte contrazione dei movimenti migratori – ha affermato Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat – La nuzialità ha mostrato segnali di ripresa nel 2021 e, ancor più nei primi mesi del 2022, non riuscendo tuttavia a tornare ai livelli del 2019. Il calo dei matrimoni, e la conseguente diminuzione di nuovi coniugi, ha ristretto il numero di potenziali genitori, il che, in un Paese dove la natalità deriva ancora prevalentemente da coppie coniugate, lascia intendere possibili ripercussioni negative sulle nascite anche nei prossimi anni”.

di Laura Pirone

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