Il rebus Governo è ancora in corso. Dalle colonne di questo giornale il capogruppo LeU alla Camera Federico Fornaro ha chiesto discontinuità nei confronti delle politiche e dell’atteggiamento nei confronti dell’informazione. Non solo mi trovo d’accordo, ma vorrei ampliare il discorso. Quando l’accordo tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico sembrava raggiunto, il Vicepresidente del Consiglio uscente Luigi Di Maio ha dichiarato di voler mantenere i punti fermi del precedente Governo, cioè: decreti sicurezza, no alla patrimoniale, regionalismo differenziato, governo a favore delle imprese.
Spesso dagli esponenti del Partito Democratico e di Liberi e Uguali si è sentito richiedere “discontinuità” e “Governo di svolta”. E’ necessario tuttavia essere chiari su cosa si intenda per discontinuità. Indubbiamente è imprescindibile che il programma del nuovo Governo sia diametralmente opposto a quanto fin’ora attuato da Movimento Cinque Stelle e Lega. Le priorità del Paese sono semplicemente scomparse: nulla è stato fatto per i lavoratori, per i precari, i disoccupati, i giovani preparati che emigrano pur di trovare lavoro. Nulla è stato fatto per la grave emergenza climatica, che avrà conseguenze gravissime. Nulla è stato fatto per contrastare la criminalità organizzata, che controlla gran parte dell’economia e per stanare gli evasori fiscali. Al contrario, il Governo formato da Movimento Cinque Stelle e Lega ha approvato un condono edilizio per Ischia, favorendo ancor più la speculazione e l’illegalità.
Tuttavia un “Governo di svolta” deve mostrare una netta discontinuità anche in relazione a quanto attuato dai Governi Monti, Letta, Renzi, sostenuti dal Partito Democratico. Questi Governi hanno dichiarato guerra ai ceti medio-bassi del Paese, che rappresentavano la tradizionale base elettorale di questo partito. La Riforma Fornero ha impedito a moltissime persone di andare in pensione ed ha addirittura modificato l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, riducendo notevolmente i casi di reintegrazione, in seguito a licenziamento illegittimo. Il Jobs Act ha ulteriormente limitato le residue possibilità di reintegrazione, per tutti i contratti stipulati dal 7 marzo 2015 in poi. Inoltre, è stato allarmante l’operato dell’ex Ministro Minniti che ha diminuito le tutele processuali per i richiedenti asilo ed ha stipulato un accordo con la Libia, condannato addirittura dall’ONU, per rimpatriare gli stessi migranti.
Per garantire una reale discontinuità, bisogna non solo abrogare i Decreti Sicurezza, ma anche il Decreto Minniti-Orlando, garantendo l’accoglienza dei migranti.
Ma non basta: è necessario ripristinare l’ art. 18, garantendo almeno le tutele che vi erano precedentemente alla riforma. Al contempo, è necessario abrogare il Jobs act: bisogna garantire la reintegrazione in ogni caso di licenziamento illegittimo. Bisogna operare una profonda riforma delle tipologie di contratti a tempo determinato, stabilendone diritti, limiti e tutele. Queste tipologie di contratto devono rappresentare un’eccezione e non la regola.
E’ necessario operare una profonda riforma fiscale per rideterminare i tributi in virtù del principio di progressività, introducendo un nuovo sistema di deduzioni e detrazioni.
E’ assolutamente prioritario fermare il regionalismo differenziato ed affrontare l’emergenza climatica.
Mi trovo perfettamente d’accordo con il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Sento in questi giorni mentre si tenta di formare il governo parole chiave come ‘svolta’, ‘discontinuità’ e allora, giusto per fare un esempio, vorrei capire se l’eventuale nuovo governo cancella il Jobs act oppure no. E se pensano di reintrodurre l’articolo 18 estendendolo a tutte le forme di lavoro per non creare competizione al ribasso tra i lavoratori. Non basta parlare di salario minimo orario ma si affrontino anche tutti gli altri diritti: ferie, assistenza sanitaria, infortuni, maternità. servono segnali di cambiamento, di equità e di giustizia sociale”. Ad ogni modo, oltre alle considerazioni politiche, vanno svolte considerazioni istituzionali,
L’atteggiamento del leader del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio è completamente irrispettoso delle istituzioni democratiche di cui non ha cultura. In primis, è irriguardevole nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale ha conferito il mandato al Presidente incaricato Giuseppe Conte sulla base dell’accordo tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico. Non è ammissibile far precipitare le istituzioni in un limbo in cui non si capisce se questo Governo vi sarà, a causa delle contraddittorie esternazioni di Luigi Di Maio.
Dal punto di vista politico, tuttavia, va rilevato che lo stesso atteggiamento di Giuseppe Conte lascia presagire ad una continuità con il Governo da lui precedentemente guidato.
Loredana De Petris e Federico Fornaro, capigruppo LeU, hanno dichiarato che i Governi di coalizione devono fondarsi su programmi condivisi e sulla pari dignità dei gruppi di maggioranza. Dunque, se il gruppo di Liberi e Uguali non sarà chiamato alla redazione del programma, l’appoggio al governo è in dubbio.
Anna Starita, componente segreteria nazionale Articolo 1