La Federal Reserve lascia i tassi di interesse tra l’1,75% ed il 2%

Il Federal Open Market Committee, braccio di politica monetaria della Fed, ritiene che l'attività economica "sia progredita a un ritmo rapido"

LP / Xinhua / Bao Dandan

MILANO (LaPresse) – Nessuna sorpresa da parte della Federal Reserve americana, che lascia i tassi di interesse compresi in una forchetta tra l’1,75% e il 2%. Nella quarta riunione con al comando il governatore Jerome Powell, i fed funds restano ai livelli a cui l’istituto li aveva portati lo scorso giugno. Nel corso dell’anno sono già stati fatti due rialzi e se ne attendono altri due, uno a settembre e l’altro a dicembre. Stime confermate dalla stessa Fed, che prevede “ulteriori aumenti graduali”, coerentemente “con un’espansione sostenuta dell’economia“, “forti condizioni” del mercato del lavoro e un’inflazione “vicina al 2%“.

Il Federal Open Market Committee, braccio di politica monetaria della Fed, ritiene che l’attività economica “sia progredita a un ritmo rapido

L’istituzione ritiene che anche la spesa dei consumatori, il motore della crescita, sia “aumentata drasticamente“. Il mercato del lavoro, inoltre, “ha continuato a rafforzarsi” con il tasso di disoccupazione che “è rimasto basso” al 4% e sono “cresciuti fortemente” anche gli investimenti. La Banca centrale non accenna alle incertezze provenienti dal conflitto commerciale in corso e ritiene che i rischi sulle prospettive economiche siano “equilibrati“.

L’espansione dell’economia Usa ha raggiunto per la prima volta in quattro anni il tasso del 4,1% annuo nel secondo trimestre. Amplificato soprattutto dall’impatto dei tagli fiscali adottati dall’amministrazione Trump. Il personal consumption expenditures price index (Pce), si è mantenuto stabile a giugno. Vicino ai massimi di sei anni e al 2,2%, quindi sopra l’obiettivo del 2% della Fed. La banca centrale, il cui prossimo incontro monetario si terrà il 25 e il 26 settembre, afferma che la politica monetaria rimane “accomodante, a sostegno delle condizioni dinamiche del mercato del lavoro e del ritorno dell’inflazione” al 2%.

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