Ricorre l’anniversario della morte di uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso, Giuseppe Prezzolini, autore del “Manifesto dei Conservatori”. Un’opera, quest’ultima, che costituisce una pietra miliare nel ginepraio di una destra che aveva deviato dai suoi compiti culturali con l’avvento di Mussolini. Il Fascismo, infatti, non ha nulla a che vedere con il retaggio di valori dei conservatori. Più che altro si è trattata di una devianza storica contingente, assimilabile, semmai, ad una rielaborazione del socialismo più che ad un’applicazione delle teorie conservatrici, improntate a criteri di libertà e liberalità. Una devianza nata dal malessere per la cosiddetta “vittoria mutilata” ovvero la deludente e profonda crisi sociale ed economica che fece seguito alla conclusione della Prima Guerra Mondiale, i reduci dal fronte non trovarono né occupazione né gratificazione per i sacrifici vissuti in trincea. Il loro malcontento montò inesorabilmente minacciando l’ordine costituito. A quel clima si aggiunse il massimalismo social comunista ed il regime di violenze anti borghesi scatenato nel cosiddetto “biennio rosso” contro la proprietà privata ed il regime parlamentare a suffragio universale. Il modello che spingeva quella sinistra a comportarsi in maniera rivoluzionaria era quello realizzato dai bolscevichi in Russia. Uno stato di cose che privò l’Italia di uno sviluppo entro regole di libertà e civismo, gettandola nelle braccia della dittatura e poi in un nuovo e più sanguinoso conflitto. Il conservatorismo fu un insieme di valori che si distinguevano dalla violenza e che avevano nel regime parlamentare e nello Stato tollerante il proprio punto di riferimento. Sbaglia dunque di grosso chi, ancora oggi, confonde i conservatori con i fascisti e considera Prezzolini come un “seguace” delle teorie del Cavaliere di Predappio. Nulla di più falso. Lo scontro tra gli opposti estremismi cancellò, col fascismo, la storia e le idee conservatrici, alla pari di quanto accadde con il socialismo riformista di Giacomo Matteotti e con il popolarismo liberale dei Cattolici di don Sturzo. Idee, queste, che, ahinoi, tornano attuali nel marasma generale che pervade la politica dei tempi nostri, destrutturata e purgata dai valori e dalle idee, finita con l’essere il simulacro di forze sprovviste di retroterra culturale ad ormai appannaggio dei partiti personalizzati. Destra e sinistra rappresentano, oggi, un surrogato da utilizzare per distinguere i contendenti non certo una linea a cui ispirare condotte politiche e parlamentari. Ritornando a Prezzolini basta ricordarne l’idealità per sommi capi per scoprire attualità ed utilità del suo pensiero. Egli affermava che il vero Conservatore è persuaso di essere se non l’uomo di domani, certamente l’uomo del dopodomani. Il vero conservatore “non è contrario alle novità perché nuove” ma “non scambia l’ignoranza degli innovatori per novità, guarda indietro, per andare avanti. Cerca ispirazione nei valori fondativi della vita sociale, tutela proprietà privata, famiglia, patria e religione al fine di trovare soluzioni adatte ai problemi del presente”. La storia, per il grande scrittore: “è cambiamento continuo ma una società libera sa trovare, da sola, le istituzioni sociali e i valori morali intorno ai quali raccogliersi e costruire il futuro”. Per Prezzolini il “vero Conservatore è realista, si schiera per il permanente contro il transeunte, per il provato contro il teorizzato, per i provvedimenti graduali contro le utopie rivoluzionarie. Osteggiano coloro che proclamano l’uguaglianza degli uomini, perché sanno che l’uguaglianza non ha niente a che fare con la giustizia. Vuole la separazione dei meritevoli dagli incapaci, crede nella competizione come espressione massima della collaborazione tra i meritevoli a tutto vantaggio del corpo sociale”. Quante di queste cose sono evidenziate e ribadite, oggi, dalla destra che tale si professa per bocca degli attuali e sedicenti epigoni? Esiste attualmente nel panorama politico qualcuno in grado di costruire su simili valori di riferimento programmi coerenti? Se mancano le idee i partiti stessi sono destinati ad essere contenitori vuoti, preda di soggetti che ne usurpano la denominazione a fini propagandistici. Parlare oggi agli elettori di valori borghesi è ancora possibile senza essere sbeffeggiati come anacronistici? Il politicamente corretto la fa da padrone ed è il grimaldello per far saltare la struttura sulla quale ancora, malamente, si regge la società. Sotto l’emblema del progresso si fanno strada surrettizie teorie omologanti, la normalità e la fisiologia sostituite dalla diversità, la vita naturale dall’eugenetica e dall’eutanasia. Il disvalore diventa novità. Se la scuola è un ammortizzatore sociale per intellettuali disoccupati, se la cultura ed i saperi sono cose senza pregio, allora ricordare Prezzolini diventa un doveroso atto rivoluzionario. E che il raglio degli asini raggiunga pure il cielo.