NAPOLI – “Non ero a conoscenza dell’attività di mio marito, per noi quella era soltanto una vacanza”. E’ quanto ha sostenuto ieri mattina Immacolata Rispoli meglio nota come Tina, nel corso del processo in corso a Latina per l’omicidio del suo ex marito, il boss Gaetano Marino, avvenuto sul lungomare di Terracina il 23 agosto del 2012. La donna, di recente balzata alla ribalta mediatica per il matrimonio con il cantante Tony Colombo, ha parlato in sostanza del tempo trascorso con il marito nella località balneare del litorale pontino e più in generale delle persone che loro frequentavano.
Il pm chiede l’incriminazione per falsa testimonianza
Nello specifico, però, ha spiegato di non sapere di cosa si occupasse il marito, tant’è che nonostante fosse stata chiamata a deporre come teste della Procura, il pubblico ministero ha chiesto la trasmissione degli atti al suo ufficio per falsa testimonianza, con la Corte d’Assise, però, che al momento non l’ha disposta. Sono quattro gli imputati che hanno scelto il dibattimento accusati dell’omicidio di manomozza, il boss delle Case Celesti assassinato sul lungomare di Terracina davanti a decine di turisti. Il processo è stato aggiornato a fine giugno, quando verranno sentiti i collaboratori di giustizia Giuseppe Ambra e Pasquale Riccio, quest’ultimo già condannato a 10 anni di reclusione con l’abbreviato. Alla sbarra ci sono Arcangelo Abbinante, Giuseppe Montanera, Salvatore Ciotola e Carmine Rovai.
Il delitto avvenuto a Terracina
Secondo le contestazioni Gaetano Marino venne ucciso nell’ambito della faida di camorra interna all’ala degli ‘scissionisti’ di Secondigliano per la gestione dello spaccio in alcune zone del quartiere, proprio quelle Case Celesti ritenute all’epoca il feudo della vittima e dei suoi sodali. I quattro vennero arrestati a fine 2017 al termine di un blitz messo a segno dalle Squadre Mobili di Roma e Latina con la collaborazione del commissariato di Terracina dopo una complessa attività investigativa coordinata dalla Dda romana. Secondo l’inchiesta gli imputati avrebbero avuto ognuno un ruolo differente nell’ambito dell’agguato: Abbinante e Montanera sono considerati dall’Antimafia il primo l’esecutore materiale e l’altro un componente del commando partito dal Rione Monterosa; Rovai e Ciotola, invece, avrebbero dato supporto logistico al gruppo di fuoco. Sono imputati di omicidio in concorso con le aggravanti di aver agito con premeditazione e con metodo mafioso, esplicitato dalle modalità inerenti sia l’organizzazione che l’esecuzione del delitto.