La non lotta di classe 2.0

Chiara Ferragni (sì, ancora Chiara Ferragni) e il fido Fedez sono di nuovo nel mirino di una discreta frangia di internauti che – stavolta – li accusa di essere dei privilegiati (e nulla di nuovo rispetto alla storia degli Uffizi) perché si sono fotografati tutti insieme dopo il parto: mamma, papà e staff medico. Qualche indignato ha sentito l’esigenza di affiancare a quello scatto quello di una neomamma il cui neopapà è costretto ad aspettare fuori durante il parto e vedere il suo figlioletto appena nato solo dallo schermo di uno smartphone. Titolo dell’opera: “l’Italia se paghi” vs. “l’Italia per noi gente comune”. Ora abbiamo inteso che per molti l’essere ricchi è una colpa, ok, anche se quei soldi sono frutto di un lavoro duro. Però non dobbiamo lasciarci accecare dall’odio contante perché in realtà in (quel macello che è la) Lombardia una cosa non l’hanno mai pensata in mesi e mesi di pandemia: quella di tenere separati al momento del parto mamma e papà. Non è solo una questione lombarda: l’OMS agli albori della crisi pandemica richiama “al diritto di tutte le donne a vivere un’esperienza positiva del parto, indipendentemente dall’infezione COVID-19”, indicazioni regolarmente recepite dal nostro ISS. Partorire con papà accanto è possibile, basta che l’ospedale o la clinica siano preparati a ciò attraverso le precauzioni preposte. Quindi, se hanno lasciato papà fuori, il problema non è la mancata disponibilità economica ma la qualità (e sensibilità) del nosocomio che avete scelto. Funziona così, questa recrudescenza di lotta di classe 2.0. Una lotta estremamente facile da perseguire: non c’è più il padrone da contestare o gli scioperi di piazza, basta indignarsi sui social network. Ed è facile, non richiede particolari competenze, basta ricondividere qualche sciocchezza e prendersela con “i ricchi” ed ecco che lo Stato artefice di ogni problema e fautore di ogni disuguaglianza sociale passa in secondo piano perché a pagare sono i privilegiati. Quelli con i soldi. Fateci caso, perché la lotta di classe 2.0 è attorno a noi, sui nostri feed di aggiornamenti, nella nostra bolla digitale. Si può andare in vacanza a Pasqua all’estero? È di nuovo ricchi contro poveri. Facile, no? Facile come cliccare o tappare due volte su un tasto e scrivere qualche frase al veleno. Poco conta che in realtà chi poteva partire lo ha fatto già a gennaio e con le carte in regola. Poco conta che viaggiare, in determinate condizioni, non è più costoso di restare in città. Poco conta che a consentirlo sia il complesso normativo attualmente in vigore approvato dallo Stato, ed eventuale biasimo andrebbe rivolto verso esso e non verso chi si muove nella totale legalità e rispetto delle regole. È tutto un ricchi contro poveri, e poco conta quanto si è poveri: puoi anche girare in barca in estate per le isole dell’arcipelago campano e ti senti triste che non puoi fare più ape nelle vinerie a Chiaia ma se qualcuno accede a qualcosa che ti sembra precluso, vuol dire che è più ricco di te. L’appeal del prendersela col privilegiato di turno ha movimentato anche l’adesione alla campagna vaccinale. Ne abbiamo già parlato anche su queste pagine, del resto: il commissario generale Figliuolo tuonava “vaccinate chi passa” mentre il 50 percento dei docenti disertava, il 50 percento delle forze dell’ordine disertava e persino il personale sanitario in una certa percentuale si rifiutava. Nonostante ciò nulla ha vietato a parecchi internauti di riversare il loro disappunto verso i privilegiati: giornalisti, avvocati e altri professionisti. Quelli “ricchi” perché appartengono a altri ordini professionali quindi altri ceti sociali. Che, sia chiaro, non hanno avuto in realtà alcun privilegio (si veda in Campania, dove Ordine dei Giornalisti e Ordini degli avvocati vari hanno raccolto le adesioni alla campagna vaccinale che poi sono rimaste al palo) e che se sono rientrati nella popolazione vaccinabile è perché il calendario vaccinale lo prevedeva. Non c’è scusante che tenga, se sei agli occhi dell’internauta un privilegiato: non sarebbe servito nemmeno rifiutare il tuo turno e “cedere il tuo vaccino” (è possibile? E’ normale che legga storie del genere sui giornali? La volontà del singolo può sovvertire il necessario ordine per condurre una campagna che deve coinvolgere oltre 60 milioni di persone?). Che poi, a pro di ché? Non è che il vaccino risparmiato per me vada a uno che a dire dell’indignato ne abbia davvero necessità. Anzi, il rischio è solo allungare i tempi per raggiungere quel famoso 75 percento che tanto applaudite a Londra dove non si muore più di Covid. Sei condannato: tu hai ciò che lui non può avere quindi non lo meriti. Con buona pace dello Stato che è poi quello che sta gestendo e organizzando il tutto, eh. Ma vuoi mettere? La prospettiva del conflitto che ha ancora senso di esistere, complice una macchina produttiva che con il placido benestare statale continua a incrementare i divari economici e generare nuove povertà (anche nelle classi di “privilegiati” sopra citate) viene così banalizzata dal facile attestato di indignazione digitale, per il quale sono necessari due minuti e poco più. Ed è così che la lotta di classe 2.0 diventa una bega orizzontale tra simili, quasi da condominio, sulla scorta di percezione egoistica del diritto non fruito. O contro i Ferragnez, che tanto ci sta sempre bene.

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