La Nord Corea non parteciperà alle Olimpiadi Tokyo: “Timori per il Covid”

La Corea del Nord non parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo al via il 23 luglio.

(Korean Central News Agency/Korea News Service via AP)

MILANO – La Corea del Nord non parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo al via il 23 luglio. La decisione, che pone fine alle speranze della Corea del Sud di usare i Giochi per dare una spinta diplomatica ai rapporti avviando colloqui, è stata motivata con i timori legati al coronavirus: il comitato nazionale olimpico, riunitosi lo scorso 25 marzo, ha stabilito di dare la priorità alla protezione degli atleti dalla “crisi mondiale causata dal Covid-19”. C’è ancora tempo per annullare la decisione e prendere parte all’evento, è il messaggio lanciato da Seul. Precedentemente il premier giapponese, Yoshihide Suga, aveva detto che si aspettava di invitare alle Olimpiadi il presidente Usa Joe Biden e che avrebbe voluto incontrare Kim Jong Un o sua sorella se uno dei due avesse partecipato ai Giochi.

È vero che per la Corea del Nord la questione Covid-19 è particolarmente sensibile: una epidemia massiccia potrebbe essere disastrosa per un Paese con un sistema sanitario già in difficoltà. Nonostante la Corea del Nord dica di essere un Paese ‘Covid-free’, molti outsider ne dubitano, e d’altra parte il Paese ha assunto misure molto dure, fra cui la chiusura dei confini internazionali per 15 mesi. Per questo secondo alcuni esperti è difficile che sulle Olimpiadi Pyongyang torni sui suoi passi, nonostante sia nota per avere usato in passato la tattica di ritirarsi dai colloqui con Seul e con gli Usa per poi tornare al tavolo all’ultimo momento.

Potrebbe però trattarsi di un messaggio a Washington: Pyongyang vuole avere a che fare direttamente con gli Usa e non usare le Olimpiadi come mezzo, ipotizza Kwak Gil Sup, a capo del sito One Korea Center specializzato in questioni nordcoreane. In passato la Corea del Nord ha usato grandi eventi sportivi come occasione di diplomazia con gli Stati Uniti, puntando a un allentamento delle sanzioni in cambio di promesse di disarmo nucleare. È questo il caso delle Olimpiadi invernali del 2018 in Corea del Sud: Pyongyang mandò 22 atleti, nonché 230 cheerleader e rappresentanti governativi, il che contribuì all’avvio della diplomazia con Seul e Stati Uniti.

Allora, ai Giochi di Pyeongchang, atleti delle Coree marciarono insieme sotto un’unica bandiera durante la cerimonia di apertura e formarono la prima squadra congiunta mai esistita, di hockey su ghiaccio femminile. E la influente sorella di Kim Jong Un, Kim Yo Jong, diventò il primo membro della famiglia al potere in Nord Corea a recarsi in Corea del Sud dalla fine della guerra di Corea del 1950-1953 (i due Paesi sono tecnicamente ancora in guerra perché non è mai stato firmato un trattato di pace al termine di quella guerra). Ai Giochi seguirono una serie di incontri di alto profilo fra Kim Jong Un e Donald Trump, ma da allora il percorso diplomatico è in stallo e la decisione di Pyongyang di non partecipare ai Giochi di Tokyo dà un colpo alle speranze di ravvivare il percorso.

La pandemia ha già portato al rinvio dei Giochi di Tokyo, inizialmente in programma per il 2020, e gli organizzatori hanno fatto di tutto per mettere in piedi misure preventive, come per esempio il divieto di spettatori internazionali, per garantire la sicurezza di sportivi e residenti. La Corea del Nord è il primo Paese ad annunciare che non parteciperà, una decisione che mette in evidenza le sfide che il Giappone affronta per organizzare un evento sportivo globale in piena pandemia.

LaPresse

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