La Russia è il Paese che ha più bombe nucleari al mondo

Un segnale di radioattività a Chernobyl, in Ucraina, L'attacco della Russia a una centrale nucleare in Ucraina ha ravvivato i timori delle persone in tutta Europa che ricordano il disastro di Chernobyl del 1986. (Foto AP/Efrem Lukatsky, File)

ROMA – La Russia è il Paese che possiede più armi nucleari. Lo dice l’Ixan, l’istituto ginevrino che gestisce la campagna internazionale contro le armi atomiche e che nel 2017 ha ricevuto il Nobel per la Pace.

Il trattato

Il Trattato di ‘Non-proliferazione nucleare’ dell’Onu (1970) prevede “il disarmo per i Paesi nucleari e la rinuncia a sviluppare armi atomiche per gli altri”. La firma è avvenuta nel 1985 a cui hanno aderito Usa, Urss e Gran Bretagna, la Corea del Nord e nel 1992 Francia e Cina. Ma da allora molte cose sono cambiate. Solo la Corea del Nord, infatti nel 2003 ha deciso di non far parte più dell’accordo. Israele, India e Pakistan ne sono rimasti volutamente fuori. Nel 2010, poi, gli Stati Uniti e la stessa Russia hanno firmato il ‘new Start’ che prevede “un massimo di 1.550 tra bombe e testate nucleari”.

I costi 

In base a questi dati, infatti, il Cremlino avrebbe speso solo nel 2019 circa 8,5 miliardi di dollari, ovvero mezzo miliardo in più rispetto al 2018. L’arsenale di Putin è composto da circa “6.370 armi nucleari (fra missili e bombe), mente gli Sati Uniti ne possederebbero in minore quantità per un totale di 5.800 disseminate per nei 30 Paesi della Nato come Germania e Italia, tanto per non fare nomi. Per la stessa America secondo l’Ixan “la cifra prevista per curare gli armamenti atomici è cresciuta nel 2019 rispetto al 2018 di ben 5,8 miliardi di dollari, per una spesa totale di 35,4 miliardi”. Così come per India 200 milioni di dollari – totale 2,3 miliardi), la Francia (400 – 4,8 miliardi) e la Cina (400 milioni – 10,4 miliardi) con un ulteriore potenziale incremento nei prossimi anni. Ferme invece Regno Unito (8,9 miliardi, Israele (1 miliardo), Corea del Nord (0,6). Calo del Pakistan (da 1,2 miliardi a 1 miliardo).

Il lievitare della spesa

Secondo lo scienziato Robert Oppenheimer “gli esplosivi atomici hanno enormemente accresciuto il potere distruttivo per dollaro speso”. Difatti solo per la Guerra Fredda sono stati spesi 5.800 miliardi dal 1945 alla caduta dell’Urss. Sono gli Stati uniti a dover far fronte ad un budget maggiore in quanto si sono accollati l’onere economico di dover bonificare i siti radioattivi e smantellare gli arsenali. Cifra che si evince da un documento presentato al Congresso nel marzo di quest’anno: “la richiesta per l’esercizio 2023 – si legge – include 7,6 miliardi di dollari per ripulire milioni di tonnellate di combustibile nucleare esaurito e materiali nucleari, smaltimento di rifiuti transuranici e misti/di bassa attività, enormi quantità di rifiuti contaminati tra suolo e acqua, e la disattivazione di migliaia di strutture in eccesso”. Ad oggi, il “Dipartimento dell’Energia tramite la Nnsa ha completato le attività in 92 siti in 30 Stati e nel Commonwealth di Porto Rico, ed è responsabile della pulizia dei restanti 15 siti in 11 Stati”. Ovvero: “612 milioni verranno usati per le attività di bonifica presso il sito di Oak Ridge”.

Il repulisti

E’ stata dunque l’America a provvedere dal 1991 in poi con la cadute dell’Urss allo smantellamento dei depositi dell’ex Unione sovietica, onde evitare che “materiali fissili, testate e bombe potessero finire in un bazar atomico e per sottrarlo al mercato nero”. L’Ucraina, quale terza potenza mondiale per numero di armi atomiche vi rinunciò in cambio della propria sovranità territoriale.

L’investimento

L’America ha investito solo ad Ozërsk, cittadina russa dove si costruivano e mantenevano armamentari nucleari, circa 350 milioni per costruire il Plutonium Palace (deposito sicuro per conservare il 40 per cento del plutonio russo) che però lo Zar Putin ha lasciato nelle testate atomiche piuttosto che in un contenitore isolato. Ma è proprio la Russia ha avviato un importante piano di modernizzazione degli armamenti nucleari (2011-2020). Ed anche nel 2018 è partito nuovo programma da completarsi entro il 2027.

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