MILANO – Nel 2018 prosegue, anche se a ritmi più contenuti rispetto al 2017, l’aumento dell’occupazione e del relativo tasso. Il numero di persone che ha un impiego aumenta infatti di 192mila unità, per un incremento dello 0,8%: l’anno scorso il dato era cresciuto di 265mila unità, cioè dell’1,2%. A calare, nel frattempo, sono la disoccupazione, in discesa di sei decimi al 10,6%, e il numero di inattivi, che diminuisce di 125mila unità. A tratteggiare questo quadro del mercato del lavoro italiano – non privo comunque di criticità – è l’Istat. Che rileva ad esempio come l’ultimo trimestre dell’anno appena trascorso abbia segnato un’inversione di tendenza, con gli occupati in calo di 36mila unità. Ma anche come permanga una netta disparità tra le diverse aree del Paese.
Se infatti il calo della disoccupazione nel corso dell’anno è più intenso nelle regioni del Centro del Mezzogiorno (-5,4% e -5,3% in confronto al -5,0% del Nord), gli ultimi tre mesi del 2018 mostrano come il tasso si attesti ancora al 18,5% al Sud contro il 6,9% delle regioni settentrionali. Per finire, l’aumento degli occupati sui 12 mesi, tra i dipendenti interessa solo il tempo determinato (+11,9%). Mentre dopo quattro anni di crescita arretra dello 0,7% il tempo indeterminato.
Di un “mercato del lavoro fermo sulle problematiche di sempre” parla quindi Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil. Auspicando da parte del governo il rilancio dei “necessari investimenti pubblici infrastrutturali e sociali”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. Che guarda con preoccupazioni il fatto che le politiche sul lavoro attualmente in campo non intacchino “il grave fenomeno della disoccupazione giovanile e meridionale”.
Visioni diversi per i sindacati
Mentre la vede in tutt’altro modo l’Ugl, il cui segretario generale Paolo Capone vede “un Paese in crescita, grazie alla manovra del governo”. A leggere con occhio più critico le cifre, come prevedibile, sono comunque le opposizioni. Per Forza Italia, il responsabile della politica economica Renato Brunetta osserva come il calo degli occupati negli ultimi tre mesi dell’anno ponga l’Italia “in netta controtendenza rispetto agli altri paesi europei”. Mentre nelle fila del Pd è il capogruppo alla Camer, Chiara Gribaudo, a farsi sentire per segnalare che “il decreto Dignità sta funzionando al contrario”.
Sempre in tema di lavoro, in commissione al Senato si sono intanto susseguite le audizioni legate al salario minimo, oggetto di due disegni di legge. Uno presentato dal Partito democratico e uno dal Movimento 5 Stelle, che fisserebbero la soglia ad almeno 9 euro all’ora. Le stime presentate dall’Istat indicano che lavoratori per i quali tale decreto comporterebbe un aumento della retribuzione sarebbero circa 2,9 milioni, cioè il 21% del totale.
L’incremento medio su base annua sarebbe quindi di circa 1.073 euro. Con un aggravio cioè del costo del lavoro per le imprese che si attesterebbe a circa 3,2 miliardi di euro. Questi dati “sono la dimostrazione che un intervento per istituire il salario minimo in Italia è urgente”, sostengono in una nota i deputati del MoVimento 5 Stelle in Commissione Lavoro alla Camera dei deputati. Secondo i quali è necessaria l’integrazione di una garanzia di questo tipo con l’altro strumento di welfare già attivato dal governo, il reddito di cittadinanza.
Marco Valsecchi (LaPresse)