Licenza agli Zagaria, l’indagine della Dda

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia: "Gli dissi che la proprietà era di Michele Zagaria e che della vicenda si stavano occupando i fratelli”

Antonio e Carmine Zagaria

Che si tratti di un appalto milionario o di una semplice licenza alla mafia poco importa. E’ solo questione di metodo. E le cosche lo applicano trasversalmente, in ogni settore: al centro c’è l’intimidazione, a volte esplicita, altre sottesa. E’ la forza del clan, del sangue che ha sparso e che, sciaguratamente, potrebbe ricominciare a spargere. Così anche per ottenere un ‘permesso a costruire’, se serve alla famiglia Zagaria, viene ‘scomodato’ un affiliato (clicca qui per leggere).

“Effettivamente mi sono occupato di una concessione edilizia, per la realizzazione di una stalla, richiesta da Antonio Zagaria, un ragazzo di Casagiove, autista di Carmine Zagaria. A raccontarlo alla Dda è stato Benito Natale. “La vicenda – ha chiarito il collaboratore di giustizia – risale ad un periodo successivo al 2011”.

Le dichiarazioni del pentito sono confluite negli atti di inchiesta a carico di Maurizio Malena, accusato di  concorso esterno ai Casalesi. L’architetto, ha proseguito Natale, “era già capo dell’ufficio tecnico del Comune di Grazzanise. Antonio Zagaria era formalmente interessato in quanto fittizio intestatario dell’azienda agricola, ma in realtà era di Michele Zagaria”.

Il fratello di Capastorta al mazzonaro avrebbe affidato l’incarico di seguire “sia i lavori che l’aspetto amministrativo legato al rilascio della concessione. Di tale vicenda si occupò poi un altro fratello di Michele, Antonio Zagaria, che mi confermò di occuparmi della questione”.

Natale ha indicato anche i nomi dei tecnici a cui si rivolse per la vicenda: Domenico D’Elena, geometra grazzanisano e l’ingegnere Bartolomeo di Alvignano (entrambi non indagati ed innocenti fino a prova contraria). “A loro dissi chiaramente che si trattava di una proprietà di Michele zagaria. Al Comune mi preoccupai di segnalare la cosa a Malena, che all’epoca dei fatti era capo dell’Utc. Mi preoccupai di dirgli di trattare la pratica rispettando l’ordine cronologico del protocollo delle istanze per non attirare l’attenzione degli investigatori. Gli dissi che la proprietà era di Michele Zagaria e che della vicenda si stavano occupando i fratelli”.

Il pentito sostiene di aver organizzato pure una sorta di riunione: “L’incontro avvenne in Municipio tra me, Malena e Antonio Zagaria, il fratello di Carmine e non l’autista. Apposi la mia personale firma su un documento della procedura e la concessione fu rilasciata”.  La presenza di Natale venne richiesta “dai fratelli di Michele Zagaria in quanto Antonio, l’autista, non sarebbe stato in grado di gestire la vicenda”.

Il pentito al pm Alessandro D’Alessio ha indicato pure gli artigiani, entrambi mazzonari, che aveva contattato per realizzare l’opera. “Venivano pagati da Antonio Zagaria, il fratello del boss. Quando fu arrestato, su indicazione delle mogli di Antonio e Carmine” a pagarli ci pensava Mario Nobis (estraneo all’inchiesta, ndr.), “figlio di un soggetto detenuto che aveva un caseificio all’ingresso di Casapesenna”.

Le dichiarazione di Benito Natale sono confluite nei documenti d’inchiesta a carico di Malena. L’architetto, assistito dall’avvocato Emilio Maddaluna, a marzo affronterà l’udienza preliminare. Il giudice De Ruggiero del tribunale di Napoli deciderà se rinviarlo o meno a giudizio. 

Il racconto del collaboratore è stato oggetto di riscontri. L’azienda citata, stando a quanto accertato dai carabinieri di Grazzanise, guidati dal comandante Luigi De Santis, si trova in via Bonifica, in ‘Località Schiavo’, ed è intestata a Raffaella Fontana, madre del boss Capastorta. Un blitz dei poliziotti di Casapesenna portò all’identificazioni sul posto di Antonio Zagaria, 44enne di Casagiove (non indagato ed innocente fino a prova contraria) e di un altro operaio. Entrambi erano intenti a realizzare una delle due stalle autorizzate dal Comune di Grazzanise il 25 ottobre del 2011.

Gli agenti riscontrarono però delle violazioni nell’esecuzione dei lavori che furono contestate ad Antonio Zagaria e al geometra D’Elena.  Il fascicolo relativo alla realizzazione della struttura, stando a quanto accertato dagli investigatori, “era privo di documenti comprovanti necessari per l’istruttoria del procedimento”.

Nonostante l’assenza degli atti, però, l’iter burocratico si era concluso con il rilascio del permesso. Ma l’indagine avrebbe attestato il mancato rispetto “dell’indice di fabbricabilità fondiaria” dello slargo dove c’era il cantiere. La zona era già occupata da altri fabbricati “e pertanto la presenza di ulteriori volumi e superfici esistenti, falsamente indicati con la richiesta di permesso a costruire nella domanda di Antonio Zagaria rendeva inattendibile gli atti”.

Le rilevazioni dei poliziotti nel dicembre del 2011 spinsero il Comune ad emettere ordinanza di sospensione dei lavori. La concessione finita sotto indagine, hanno annotato i carabinieri, venne rilasciata da Maurizio Malena. E a ritirarla fu Benito natale.

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