L’intervista. Ricci: grazie ai gialloverdi nel 2020 daremo allo Stato il 43% del nostro stipendio

NAPOLI – Facile fare presa sui cittadini promettendo reddito di cittadinanza, quota 100, abolizione della Fornero, riforma dei centri per l’impiego,incentivi per le imprese, più difficile mantenere la fiducia conquistata se ci si trova dinanzi all’impossibilità, o incapacità, di attuare le riforme ottenendo i risultati promessi. Lo slittamento del consiglio dei ministri che avrebbe dovuto ‘battezzare’ il provvedimento su cui il Movimento 5 Stelle ha fondato la sua campagna elettorale ne è la prova. La pensa così anche il segretario generale di Cgil Campania Nicola Ricci

Segretario, le opinioni relative al reddito di cittadinanza sono contrastanti e il governo continua a rimandarne l’approvazione, lei che idea si è fatto? 

Noi non siamo contrari al reddito di cittadinanza, il problema è che così come è congegnato in una Regione come la nostra incontra il pericolo del lavoro nero. In pratica non si capisce, al di là del sostegno economico, quali siano gli strumenti in campo per contrastare i cosiddetti furbi. Va bene l’indicatore dell’Isee, va bene risalire alle proprietà, ma il sistema di controllo non è perfezionato per avere i risultati sperati. Ci saremmo aspettati che le risorse venissero investite per creare lavoro. Così c’è il rischio che la vecchia cultura dell’assistenzialismo torni prepotente. 

E’ stata questa la vostra posizione ai tavoli con il governo? 

Non c’è stato nessun confronto, ogni settimana viene rimandata l’approvazione del provvedimento proprio per le perplessità sulla sua applicazione. Questa è solo una promessa elettorale su cui i 5 Stelle hanno incentrato la campagna elettorale. La Cgil ha pensato ad un reddito di inserimento, una via di mezzo tra reddito di cittadinanza e Rei: la nostra proposta è quella di collegare tutto direttamente ad un percorso finalizzato al posto di lavoro con banche e imprese che danno incentivi. Nel reddito di cittadinanza che viene perfezionato settimana dopo settimana, si parla degli abbattimenti economici per le aziende che assumono. Ma non credo che le aziende possano essere attratte da un abbattimento così marginale. Inoltre bisogna verificare quanto c’è scritto nella bozza in relazione al fatto che se una persona rifiuta il lavoro entro un determinato lasso di tempo poi può rischiare di doversi spostare da casa su tutto il territorio nazionale. Per le popolazioni del Sud quest’idea va riconsiderata visto che da Roma in su uno stipendio, per quanto legato ad un’occasione lavorativa non basta, visto il costo della vita. 

E dei navigator cosa pensa? 

Quest’idea è assurda, non sappiamo neanche se i navigator saranno i funzionari dei vecchi uffici di collocamento. In Campania, come in tutto il Sud, non credo ci sia un’offerta di lavoro tanto diffusa da richiedere la figura di un accompagnatore. È un’idea che in un Paese che vive a due velocità non va bene. 

Anche perché serve una riforma dei centri per l’impiego in tempi stretti…

Non ce ne sono le possibilità. Con il blocco delle assunzioni fino a novembre, e non credo si possa violare un vincolo che loro stessi, anzi l’Europa ci ha imposto, dovremmo derogare per procedere. Non vorrei che tanta trasparenza decantata dal governo del cambiamento significhi, in realtà, che stiamo andando verso un mercato privato, ossia verso interessi forti, verso le agenzie interinali che hanno già dimostrato tutte le loro debolezze. La riforma dei centri per l’impiego ha il sapore di uno spot. Non c’è un provvedimento organico, vedo un po’ di dilettantismo in giro. 

Passiamo alle pensioni. Con quota 100 si faranno passi avanti? 

C’è molta confusione anche su questo. Guardiamo all’aspettativa in cui, dal primo aprile, si va in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi, ma poi si scopre che per il pubblico impiego una persona non può avere per 5 anni il trattamento di fine rapporto, la cosiddetta liquidazione. O meglio, può averla attraverso un prestito a cui dovrebbe accedere grazie al suo datore di lavoro, in questo caso lo Stato, attraverso il sistema bancario. In pratica accedo ad un mutuo a costo zero sui miei soldi dopo aver lavorato una vita. Per quanto riguarda i privati, invece, non si capisce se ci sarà un abbattimento, una tassazione di contribuzione pari al 18-20%. Il vero problema è che non ci sono cose certe. Non si parla di toccare le pensioni sociali, non se ne ha la possibilità. 

Dinanzi ad un quadro che, stando a quello che dice, sembra nero, i sindacati cosa intendono fare? 

Non c’è stato confronto con il mondo sindacale e le poche volte in cui ci siamo riuniti al Ministero del lavoro non abbiamo avuto dinanzi un testo scritto. Si ragiona su ipotesi che sono vincolate al pacchetto di spesa che ci ha imposto l’Europa e il problema è che il governo deve dare risposte in base alle promesse elettorali fatte. Sta dicendo che i tavoli ministeriali non solo sono stati pochi, ma anche basati su mere ipotesi? C’è stata una luna di miele iniziale in cui, soprattutto Di Maio, ha avuto voglia di incontro e confronto ma adesso non c’è nulla. Questo dipende dal fatto che non c’è una quadra interna alla coalizione di governo.

Si preannunciano anni altalenanti…

 Questo ci spaventa perché già siamo dinanzi a scelte che avranno un’influenza negativa. Anche se non se ne parla, questa manovra finanziaria porterà ad aumento della pressione fiscale. Per rispettare quei parametri si aumenteranno le tasse e il primo effetto sarà che in Campania si aumenteranno la tassa addizionale regionale, quella comunale, Imu e Irap. Arriveremo al 2020 con qualcosa come il 43% di prelievo fiscale. Altro che abbattimento delle tasse.

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