Le commemorazioni, le giornate della memoria,gli anniversari rischiano, è noto a tutti, di tramutarsi in pura retorica. E’ così soprattutto per i giovani che generalmente mal sopportano le cerimonie, la consuetudine. Si corre il rischio di raggiungere l’effetto opposto, senza contare che si trova sempre lo spirito bizzarro che crede di essere libero (bizzarria e libertà spesso si confondono) il quale per dar prova di originalità critica aspramente o ironicamente qualsivoglia commemorazione anche la più doverosa e drammatica come certamente è quella che ricorda l’ olocausto, il folle raziocinante sterminio degli ebrei masso in opera dalla Germania nazista.
E’ un rischio che si deve correre perché il contrario significherebbe dare il senso che, in fondo, terribile tragedia non ha più significato o, addirittura si può rubricare come un lontano errore della storia. Il punto, allora, è come ricordare. Come evitare che la retorica seppellisca i sentimenti, le passioni, la volontà politica di combattere ancora oggi ogni forma di razzismo, di soppressione e mortificazione della libertà e della dignità.
E, allora, vorrei mettere in luce due aspetti che credo possano colpire l’immaginazione dei più giovani. Il primo è l’aspetto che ho definito follia raziocinante. Come è stato possibile organizzare quasi fosse l’organizzazione di un’azienda lo sterminio di milioni di persone, di esseri umani che soffrono e gioiscono come noi, sterminarli con freddezza con normalità. La banalità del male, come la definì Hannah Arendt.
Il secondo aspetto: la sostanziale viltà di chi infierisce su chi non si può difendere, del forte sul più debole. Le guerre come le rivoluzioni , anche quelle combattute in nome della libertà e della giustizia, diventano atroci carneficine. Ma si combattono correndo rischi, sapendo che si può soccombere. L’eccidio di persone inermi è veramente inspiegabile. Ricordiamo, dunque, l’olocausto e ricordiamolo anche come simbolo di tutti i soprusi che i più forti commettono nei confronti dei più deboli. E stiamo sempre dalla parte degli inermi. E’ una questione di umanità, è una questione di onore.