L’Ottavo Savio

“Cretesi sempre bugiardi, bestie malvagie, oziosi ghiottoni”. Così Epimenide di Cnosso, da diverse fonti incluso nel novero dei “Sette Savi” dell’antichità, bollava i suoi poveri conterranei oltre due millenni e mezzo fa. Non poteva immaginare che la sua frase sarebbe stata consegnata alla storia della filosofia e della logica come “paradosso del mentitore”. Il sillogismo aristotelico lo fregò, o forse fu lui a fregare Aristotele, secondo il quale il sillogismo era un metodo infallibile per comprendere la realtà: se tutti i cretesi sono bugiardi, e se Epimenide è un cretese, allora è un bugiardo anche lui. Ma se lui è un bugiardo, mente quando dice che i cretesi sono bugiardi. Ma mentendo conferma la sua affermazione. E così via.

Mi è tornata in mente questa storia quando ho letto le polemiche scatenate dall’ennesima cretinata sparata da Roberto Saviano dopo la morte del boss mafioso Matteo Messina Denaro. “L’Italia è un paese a vocazione mafiosa”, ha sentenziato, riferendosi al paese che gli dà la scorta per proteggerlo dalla mafia. Ora, non perché uno vuole i soldi indietro, per carità, ma giusto per capire di cosa parliamo, quanto costa Saviano agli italiani? Ha una scorta di primo livello che prevede tre auto blindate con a bordo tre agenti ciascuna. Considerati non meno di tre turni al giorno, gli agenti impegnati ogni giorno per evitare che qualcuno gli torca un capello sono 27. Considerando che un agente, tra stipendio e contributi, costa non meno di 200 euro al giorno, il conto complessivo giornaliero è di 5.400 euro. A questo si sommano i costi delle tre auto blindate. Circa 200mila euro al mese. Circa due milioni e quattrocentomila euro l’anno. Dal 2008, se vogliamo considerare solo gli anni di massima protezione, fanno 36 milioni di euro. E mettiamoci pure gli aiuti per il COVID che lui e la sua fidanzata hanno chiesto e ottenuto.

Tutto questo, ovviamente, incide ogni mese sulle trattenute in busta paga di quegli stessi italiani che alla fine della fiera devono pure sentirsi dire che hanno la “vocazione mafiosa”.
Naturalmente il Nostro ha preso schiaffi da tutte le parti, come succede ormai ogni volta che apre bocca, da destra e da sinistra. Dalla vicepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati Rita dalla Chiesa e dal fratello Nando (figli del generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, vittima della mafia) alla senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva.
Il mio primo pensiero è stato: niente di nuovo. Da sempre Saviano chiama mafiosi quelli che gli stanno antipatici. Lo fa con noi di Cronache, che lo abbiamo fatto condannare per plagio. Lo fa con il governo che non piace ai suoi riferimenti politico/economico/editoriali.

E ovviamente oggi lo fa con il popolo italiano, una parte del quale (la maggioranza, ahilui) ha votato questo governo. Come sempre sta bene attento a sparare a salve. In Italia c’è la mafia, certo. Quindi Saviano si concede il lusso di “arrotondare” per eccesso: gli italiani sono mafiosi, italiano più, italiano meno. Avrebbe potuto dire, se avesse voluto, che l’Italia è il paese delle persone oneste e coraggiose perché ci sono stati Falcone e Borsellino, la Resistenza, Salvo d’Acquisto, Peppino Impastato, don Peppe Diana… potremmo continuare fino a domani e lui sa benissimo che alla fine ci ritroveremmo con più buoni che cattivi. Il problema è che i cattivi sparano e i buoni no. Da una parte, quindi, Saviano getta in una fossa comune i tanti eroi caduti e i tanti poveracci che hanno sofferto per la presenza della mafia rimettendoci la pelle.

Dall’altra tace sul fatto che lui lucra da sempre su fiction, libri e film che hanno come protagonisti e antagonisti mafiosi, senza uno straccio di rappresentante dello Stato che abbia la possibilità di dire “ma” al povero spettatore, magari minorenne e figlio di malavitosi. Tace, Saviano, sul fatto che i mafiosi veri (Bernardino Terracciano e Giovanni Venosa, ad esempio) sono stati arruolati come attori nel film che lo ha visto impegnato come soggettista e sceneggiatore, ovvero Gomorra. Tace sul fatto che tanti, dai magistrati ai vertici delle forze dell’ordine, ai familiari di vittime innocenti di mafia, hanno accusato lui, proprio lui, di aver consolidato se non addirittura innescato la “vocazione mafiosa” di tanti giovanotti dal grilletto facile.

Chissà, magari alla fine il sedicente “intellettuale” qualcosa di originale lo ha prodotto. Una nuova figura retorica: il paradosso freudiano. Saviano avrà contato i soldi che ha guadagnato grazie al “brand” Gomorra, alla fiction girata nella villa presa in affitto dal boss Francesco Gallo, al film con gli attori mafiosi e al merchandising con le frasi dei boss tipo: “L’ommo che po’ fa a meno e tutte cose nun tene paura è niente”. Poi avrà pensato al povero Giovanbattista Cutolo e alle parole di fuoco pronunciate dal padre, dalla madre e dalla sorella di Giogiò sulla fiction Gomorra. Alle parole del pm Catello Maresca, dell’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, del parroco anticamorra padre Maurizio Patriciello, del generale dei carabinieri Carmelo Burgio, del capo della polizia Vittorio Pisani, del capo della procura di Napoli Nicola Gratteri, del pm della Direzione Distrettuale Antimafia Giuseppe Borrelli, sul suo “contributo” alla lotta alla camorra. Avrà pensato al fatto che il romanzo che lo ha portato al successo, Gomorra, lo ha pubblicato con la Arnoldo Mondadori Editore, società editrice finita nelle mani della famiglia Berlusconi grazie alla corruzione di un giudice della corte di Appello di Milano. Sì sarà ricordato pure della condanna per plagio.

E magari alla fine, proprio per sfuggire ai morsi della propria coscienza, deve avere avuto la tentazione di scaricare le sue colpe sull’intera popolazione che con lui condivide la cittadinanza, da Vetta d’Italia a punta Pesce Spada: “Forse tutto questo l’ho fatto perché sono italiano, e come tutti gli italiani sono poco incline al rispetto delle regole”. No. Non lo hai fatto per quello. Tu rappresenti solo te stesso e tra l’altro dovresti vergognarti. Falcone e Borsellino sono morti proprio per evitare che il nostro paese portasse addosso il marchio che tu oggi cerchi di imprimergli.

*Direttore editoriale di Cronachedi.it, Cronache di Napoli e Cronache di Caserta

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