L’incertezza e l’ambivalenza nei confronti della morale (laica o religiosa), la profonda indifferenza verso la sua stessa esistenza, portano Ulrico a considerarsi un “uomo senza qualità”, incapace com’è di formarsi un’opinione definita sui temi esistenziali, di sapersi integrare e adattare al mondo in cui vive. Questa, in estrema sintesi, la condizione in cui viene a trovarsi il protagonista del romanzo scritto, agli inizi del secolo scorso, da Robert Musil, scrittore e filosofo austriaco. Il tema di fondo è l’incapacità di chi, avendo coltivato la cultura e i valori morali dell’800, si trova smarrito innanzi agli stravolgimenti sociali, politici, etici del XX secolo, incapace di amalgamarsi con le nuove mode sociali, la scala dei valori, le novità politiche che una nuova era porta ineluttabilmente con sé. Una condizione di inadeguatezza se non di smarrimento intellettuale che provano coloro i quali, essendo vissuti a cavallo tra due epoche, non si sentono compiutamente figli né dell’una né dell’altra. Un paradosso esistenziale che colpisce i più sensibili e i più istruiti, quelli, cioè, abituati a porsi le domande essenziali sulla vita senza mai confonderla con il disbrigo delle cose che appartengono alla quotidianità, al soddisfacimento dei bisogni elementari necessari per sopravvivere al mutar dei tempi. Quella di Musil non è certo l’unica descrizione di questa condizione disagevole. Basta ricordare, ad esempio, “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Prust, “I Buddenbrook” di Thomas Mann, “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, o ancora “Ulisse” di James Joyce. Affreschi epocali nei quali sono indicati gli stravolgimenti politici, sociali, culturali, scientifici che caratterizzano le vite degli esseri umani. Non fa certo eccezione il nostro tempo che pure affronta la trasformazione sociale indotta dalla tecnologia e dalla potenza di strumenti rivoluzionari resi disponibili a tutti, a cominciare dai primi computer, fino alla vita digitalizzata e veloce dei social. Le mutazioni in atto sono fulminee e radicali e i quesiti che ci si parano innanzi sono ancora più scabrosi: dall’eugenetica alla manipolazione del Dna, dall’eutanasia alla modifica dei sistemi di vita e della scala dei valori condivisi in società. Un umanesimo che cambia e si impoverisce al tempo stesso e che, a furia di mutare velocemente, perde la vecchia identità e le qualità che pure erano tratti distintivi appena qualche decennio prima. In questa continua serie di “rivoluzioni” entrano anche il linguaggio, inteso come modo di esprimersi, e con esso il vocabolario ed il metodo logico di ragionare, la morale e la sessualità. Il linguaggio è scarno e spesso idiomatico, strumento per accreditare la modernità del pensiero ma che, a conti fatti, si basa su appena duecento termini conosciuti. Ribattezzato “politicamente corretto”, tale linguaggio si rivela, sovente, un tentativo di sdoganare concetti e valori etici nuovi. Un espediente per accreditare tesi, mode e comportamenti innaturali. Passando alla sessualità, il nuovo secolo ha parificato, alla stregua di gusti e scelte invocati come diritti civili, l’omosessualità all’etero-sessualità, il matrimonio tra uomo e donna alle unioni gay, la riproduzione naturale alla procreazione assistita anche attraverso tecniche quali l’utero in affitto, l’acquisizione di gameti prelevati da apposite banche biologiche. Tutto è apparso come la normale conseguenza di una nuova mentalità spesso rivendicata come emancipante e moderna, con aspri contrasti ed accuse verso chi osava richiamarsi alla fisiologia naturale. Comunque la si pensi, la questione e i contenziosi sociali ad essa collegati, sono stati sanati e “sopiti” con tanto di leggi dello Stato. Tuttavia il piano inclinato su cui far rotolare l’affermazione di nuovi gusti trasformatisi automaticamente in pretese, non è certo terminato e quantunque la morale sia figlia dei tempi, ecco che si finisce per snaturarla e stravolgerla ancora una volta. Arriva così anche il sesso fluido meglio noto come “sexual fluidity”, fluidità sessuale. Stiamo parlando della tendenza degli under 25 a scegliersi un partner del proprio o dell’altro sesso, senza limiti e tabù. Insomma: il piacere e la sperimentazione in base alle circostanze, alla disponibilità e alla predilezione del momento. Nasce anche in questo modo il disorientamento identitario, la perdita delle abituali coordinate sociali, un umanesimo senza più punti di riferimento etico. Maschere pirandelliane che sostituiscono i volti e la natura degli uomini, decretando che quello che incombe su di loro è ormai l’archetipo di un uomo senza qualità.
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