Mafia e lavori pubblici. Le mani della famiglia Diana sugli appalti del Comune di Casal di Principe

La Dda: contratti di quartiere, realizzazione di fogne e restyling di beni confiscati eseguiti in nome del clan

CASAL DI PRINCIPE – Contratti di quartiere, la realizzazione di fogne, ristrutturazioni di immobili confiscati alla mafia locale: sono alcuni degli appalti pubblici che la famiglia Diana si sarebbe aggiudicata negli ultimi anni. E se ci è riuscita, sostiene la Dda di Napoli, è grazie “al sistema imprenditoriale criminale controllato dal clan dei Casalesi”. Accusa pesantissima, ma a darle supporto, dicono i pm Graziella Arlomede e Antonello Ardituro, ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, le intercettazioni e gli accertamenti bancari. E proprio gli atti contabili, secondo gli inquirenti, evidenziano come i Diana sono stati in costante contatto con altre aziende che orbitano intorno a Dante Apicella, alias Damigiana, già condannato per camorra nel processo Spartacus e ritenuto oggi una delle figure centrali di ciò che resta della cosca Schiavone. Le loro imprese avrebbero provveduto a far transitare ingenti quantità di denaro destinandole a quelle di Apicella giustificando i passaggi con fatture “pretestuose”. I Diana, stando alla tesi degli inquirenti, hanno effettuato anche ‘cambio assegni’ per riciclare soldi riconducibili all’organizzazione criminale.
Negli atti di inchiesta, la Procura distrettuale antimafia ha inserito il denso elenco di scambi di denaro tra loro e le aziende dei Mangicapra, di Luigi Belardo, Giuseppe Fusco e Antonio Magliulo, considerati prestanome di Apicella. Si tratta di un numero esorbitante di transazioni, che vanno dal 2009 agli inizi del 2015, tutte eseguite a seguito di accrediti di pagamenti dal Comune di Casal di Principe.
Tra i pentiti che hanno puntato il dito contro i Diana c’è Luigi D’Ambrosio: il collaboratore ha riferito che furono loro a proseguire il lavoro che inizialmente era stato affidato alla D’Alessio Costruzioni, “quando quest’ultima società ebbe problemi giudiziari, per volontà di Nicola Schiavone di Sandokan, così come riferitomi da Apicella”. “Ricordo – ha aggiunto D’Ambrosio – che i fratelli Diana nel 2008 parteciparono sempre per imposizione di Schiavone ai lavori per la realizzazione della scuola media in un fabbricato già confiscato a Giuseppe Natale”.
Gennaro, Salvatore, Mario, Luigi Diana sono stati destinatari di un’ordinanza cautelare in carcere per associazione mafiosa, Giancarlo e Vincenzo Diana ai domiciliari (per motivi di salute) per la stessa ipotesi di reato. Ad emettere il provvedimento è stato il gip Giovanna Cervo del Tribunale di Napoli. I sei sono stati coinvolti nell’inchiesta, coordinata dalla Dia, che ha portato in cella Dante Apicella e che ha puntato a smantellare la rete di imprese che quest’ultimo avrebbe montato per continuare ad infiltrarsi nell’economia locale (nonostante la condanna per mafia incassata). Complessivamente sono 35 le misure restrittive disposte dal palazzo di giustizia partenopeo, diverse delle quali, però, non c’entrano con le attività di Damigiana, ma sono frutto dell’indagine dei carabinieri di Caserta sulle ingerenze dei fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone nei business di Rete ferroviaria italiana.

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