Ue, Ciocca difende ‘gesto della scarpa’. Moscovici: “Rischio fascismo”

Milano –  Hanno l’eco di Bertold Brecht le parole del Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici.

Come il drammaturgo tedesco ammoniva sulla pericolosità del silenzio, l’esponente europeo lancia l’allarme sul minimizzare il gesto dell’europarlamentare leghista Angelo Ciocca, che al termine della conferenza stampa di Moscovici ha messo platealmente la sua scarpa sopra i fogli del Commissario.

L’episodio della scarpa made in Italy è grottesco. All’inizio si sorride e si banalizza perché è ridicolo, poi ci si abitua ad una sorda violenza simbolica e un giorno ci si risveglia con il fascismo. Restiamo vigili. La democrazia è un tesoro fragile”, ha scritto su Twitter accusando Ciocca di essere un provocatore e un fascista.

Lo stesso eurodeputato del Carroccio, al termine della conferenza stampa con cui la Commissione Ue ha annunciato la bocciatura della manovra dell’Italia, si era vantato dell’azione sui social.

Come se non bastasse, il ‘bull dog della Lega’, come è soprannominato, ha ribadito di non essersi pentito ma di dover “frenare i tanti cittadini italiani che vorrebbero prendere un suola Made in Italy e portarla sul banco del Commissario Europeo”.

Il governo del popolo, prima gli italiani

Oltre alla provocazione in sé, il gesto di Ciocca ha soprattutto un carattere politico, che esprime una concezione del rapporto nei confronti dei partner europei in cui l’Italia è un “sottoposto in rivolta”, in linea con il populismo giallo-verde e i suoi leit motiv.

Dell’Europa unita l’Italia è fondatrice e partner “pesante”, ha sottoscritto accordi che Salvini e Di Maio sembrano intenzionati a rompere.

Il gesto di Ciocca rivela che il senso di questa frattura è rivolto al mercato del consenso interno, l’unico che esista per la Lega.

Lo stesso Coccia spiega: “ho fatto quello che il popolo italiano avrebbe voluto fare

Il messaggio, insomma, era: “chi calpesta le nostre necessità oggi deve fare i conti con un Made in Italy che non sta più in silenzio. Non siamo più disposti a subire” .

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