Money transfer, l’Antitrust auspica modifiche alla tassa

A cercare di bloccare la norma a livello politico era stato in dicembre il Partito Democratico

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

MILANO – Così come è stata formulata, la cosiddetta “tassa sui money transfer” introdotta attraverso il Dl Fisco non convince l’Antitrust. Che auspica “opportune modifiche” mirate a eliminare i suoi effetti discriminatori e a ripristinare le condizioni per un corretto confronto competitivo.

Money transfer, cosa potrebbe cambiare

Come riportato nell’ultimo Bollettino settimanale, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto di utilizzare il proprio potere di segnalazione per rivolgersi ai presidenti di Senato, Camera e consiglio dei Ministri. Oltre che al ministero dell’Economia e delle Finanze, all’agenzia delle Entrate e alla Banca d’Italia. Evidenziando come l’imposta dell’1,5% introdotta sui trasferimenti di denaro verso paesi non appartenenti all’unione europea attraverso questo tipo di operatori risulti “ingiustificatamente discriminatoria” in quanto applicabile appunto ai money transfer. Ma non alle altre categorie di operatori che possono offrire lo stesso tipo di servizio. Operatori che includono le banche estere e nazionali, ma anche Poste Italiane.

L’obiettivo dell’Antitrust è garantire la trasparenza sulle condizioni economiche

Inoltre, spiega la stessa Autorità, la nuova imposta potrebbe “ridurre ulteriormente il grado di trasparenza sulle condizioni economiche praticate per il servizio di rimesse di denaro”, per di più in un contesto in cui i costi complessivi del servizio già risultano di difficile comparazione. Poiché dipendono da numerose e mutevoli variabili, tra cui commissioni e spread sui tassi di cambio. Questo, si legge nella comunicazione inviata alle istituzione, potrebbe quindi determinare “un ulteriore aumento dei costi di ricerca per i consumatori. Riducendo così gli incentivi per gli operatori a competere efficacemente”.

Il Pd si schiera contro la norma

A cercare di bloccare la norma a livello politico era stato in dicembre il Partito Democratico, con un emendamento poi respinto in commissione finanze alla Camera. Nell’occasione, i parlamentari democratici Ungaro, Topo e Mancini, avevano parlato di un “provvedimento odioso”, che avrebbe introdotto “una doppia tassazione sui lavoratori immigrati”.

(LaPresse/di Marco Valsecchi)

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