Napoli, delitto Romanò: Marco Di Lauro in aula a luglio

Fissato per il primo luglio il processo bis dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello. La precedente condanna all’ergastolo rimediata dal boss Marco sia in primo che in secondo grado fu annullata dalla Cassazione

Marco Di Lauro, nel riquadro Attilio Romanò

NAPOLI – Primo processo in aula per Marco Di Lauro. Il rampollo dell’omonimo clan di Secondigliano, il superlatitante assicurato alla giustizia lo scorso 2 marzo, dovrà affrontare il processo dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Napoli per l’omicidio di Attilio Romanò, il 29enne ammazzato per errore nel 2005 nel suo negozio di telefonia. Di Lauro jr, così come Mario Buono, il 2 maggio del 2012 fu condannato all’ergastolo per l’omicidio in qualità, rispettivamente, di mandante ed esecutore materiale. La Corte di Cassazione ha poi confermato il ‘carcere a vita’ per Buono, mentre ha annullato con rinvio in Corte d’Assise d’Appello per Di Lauro. Il processo bis, quindi, comincerà il prossimo primo luglio.

L’annuncio

Ad annunciarlo è stata Maria Romanò, sorella di Attilio, dal palco di Senigallia, nelle Marche, in occasione della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, organizzata dall’associazione Libera. “C’è un legame forte tra Napoli e Senigallia – ha affermato Maria Romanò prima della lettura dei nomi delle vittime innocenti -. Un legame che urla il nostro ‘no’ alle mafie e siamo orgogliosi che il presidio locale di Libera sia intitolato a mio fratello”. Quindi la donna ha annunciato che il primo luglio comincerà il processo nei confronti del superboss. L’agguato avvenne il 24 gennaio del 2005. In quell’occasione Attilio Romanò fu vittima di un drammatico scambio di persona. L’esecuzione venne affidata a tre uomini: ad Antonio Cardillo (morto ammazzato), che fece da supporto ai sicari, cedendo loro la pistola a pochi metri di distanza dal luogo del delitto; Vincenzo Lombardi (poi collaboratore di giustizia) che guidava lo scooter in sella al quale viaggiava il killer; e il sicario, Mario Buono, che aveva avuto l’ordine di ammazzare Salvatore Luise in quanto nipote del ras “ribelle” Rosario Pariante all’epoca detenuto in regime di carcere duro.

La drammatica ricostruzione

Attilio, la mattina del 24 gennaio del 2005, era al lavoro: Salvatore Luise lo aveva assunto nel suo negozio di telefonia mobile in via Napoli Capodimonte, nella zona di Miano, strada in cui insistevano all’epoca una serie di attività commerciali dei Pariante. Era arrivato da poco. Lo ‘specchiettista’ che aveva il compito di accertarsi che l’obiettivo del raid fosse presente al negozio aveva fatto un giro prima che Attilio prendesse il suo posto: al momento del sopralluogo Salvatore Luise era il solo presente nell’esercizio. Ma quel bravo lasso di tempo tra la ‘battuta’ e l’entrata in azione del killer furono fatali per Attilio. Salvatore Luise si allontanò in compagnia di un cliente per recarsi in un negozietto vicino che aveva preso in gestione e nel quale era necessario effettuare dei lavoro; Attilio arrivò e rimase da solo. Il killer non conosceva il volto della persona a cui avrebbe dovuto togliere la vita, sapeva solo che l’obiettivo era in quel negozio ed era solo: così, quando si trovò di fronte Attilio Romanò, Mario Buono non ebbe alcuna esitazione nello sparare. Solo qualche ora lui e gli altri seppero del drammatico errore di persona.

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