Napoli, lezioni negate a bimba autistica allo stadio Collana

Gli istruttori ai genitori: “Non collabora, non possiamo seguirla”. La famiglia della piccola: “La struttura comunale a parole offre corsi gratuiti ai disabili, ma nei fatti scarica tutti i costi sulle famiglie”

NAPOLI – Quella che vi stiamo per raccontare è una storia amara, difficile da ascoltare e ancor di più da scrivere, ma che è doveroso far conoscere affinché episodi simili non capitino più. La protagonista di questa storia è Elena, un nome di fantasia che useremo per proteggere l’identità di quella che è solo una bambina. Elena è affetta da autismo, ed è per questo motivo che i suoi genitori da sempre si prodigano per costruirle il miglior mondo possibile. La settimana scorsa la piccola, insieme a sua mamma, si reca allo Stadio Collana per una lezione di prova di judo. Lo scopo della famiglia della bambina è quello di coltivare la socialità di Elena, e lo sport è da sempre il modo migliore per realizzare questo obiettivo. Ed è qui che inizia il racconto dei genitori della bimba, i quali, per lo stesso discorso di tutela della privacy della figlia, preferiscono restare anonimi. “Dopo appena un’ora e mezza in compagnia di Elena, gli istruttori del corso ci dicono che non possono seguire nostra figlia. “Non è collaborativa”, ci hanno riferito. Si sono detti disponibili ad accettare la bambina nel corso solo qualora affiancata da un terapista. Elena è già impegnata tutta la settimana con terapie di diversi tipi per la sua patologia. Francamente, non possiamo sostenere anche la spesa di uno specialista da pagare per far fare dello sport alla bambina, quando in quella che è una struttura pubblica che si dice disponibile ad accogliere disabili, “le lezioni dovrebbero essere gratuite”, afferma amaramente il papà di Elena. Al Collana, cioè, le lezioni per chi è affetto da disabilità a parole sono gratuite, ma, nei fatti, secondo la testimonianza che riportiamo, non lo sono. “Viene promossa la gratuità dei corsi, per poi scaricare i costi sulle famiglie. La disabilità prevede un’applicazione personale, una scheda specifica per ciascun soggetto. Al Collana, invece, i disabili vengono accettati nei corsi solo se rispettano le lezioni collettive e collaborano con gli istruttori. Azioni che un disabile, purtroppo, non può svolgere, o almeno non immediatamente”, continua la mamma della bimba. Eppure la prima lezione, raccontano i genitori di Elena, non era andata male. “Quando siamo tornati per la seconda prova, la bambina cercava l’istruttore che aveva conosciuto la volta precedente. Il che significa che Elena stava iniziando a familiarizzare con lui. Bastava solo un po’ di applicazione in più. Oltretutto, non stiamo parlando di una bimba difficile da gestire: Elena è una bambina dolce e tranquilla, che va solo aiutata nella socializzazione”, continua la donna. Anche se, in ogni caso, aggiungiamo noi, qualsiasi sia la difficoltà di un disabile, una società che può definirsi giusta mai e poi mai dovrebbe escludere un bambino o una bambina da un corso sportivo. I genitori della piccola hanno scelto di raccontare a ‘Cronache’ questa triste storia per un motivo: “Ci auguriamo che in un futuro non troppo lontano si avvii al Collana l’assunzione di un pool di specialisti e terapeuti in grado di seguire per davvero l’utenza affetta da disabilità. Anche perché questi bimbi sono seguiti un po’ solo fin quando vanno a scuola, ma una volta compiuti i 18 anni vengono completamente abbandonati a loro stessi. Questo per le famiglie rappresenta un dramma terribile. Fargli stringere delle amicizie significa anche dar loro un futuro, una compagnia”.

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