Vittorio Feltri è stato, un tempo, giornalista controcorrente ma preveggente, fino a risultare – con l’età – solo un bastian contrario. Cito il direttore e fondatore di “Libero” perché, nel suo intervento alla conferenza programmatica tenuta dal partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, a Milano, ha affermato che tutti i grandi eventi della politica hanno preso avvio dal capoluogo lombardo, per poi imporsi, successivamente, sul proscenio nazionale. Feltri ha citato il Fascismo che mosse i primi passi nel 1919 nel capoluogo meneghino, con la riunione di Piazza San Sepolcro ove furono fondati i fasci di combattimento. Poi ha citato la Lega e Forza Italia come esempi di fermento sociale e politico costituitisi, organicamente, come movimenti identitari proprio nella prospera terra di Lombardia. Un viatico storico bene augurante per la formazione guidata dalla giovane “pasionaria” che però è romana di nascita (e di militanza). E tuttavia il noto giornalista ha dimenticato tante cose nel libro degli eventi politici importanti d’Italia. Due esempi su tutti: quello di Livorno, ove avvenne la scissione del partito socialista da cui nacquero i comunisti e quello avvenuto in un piccolo borgo siciliano, Caltagirone, dove don Luigi Sturzo diede alle stampe l’appello ai “Liberi e Forti” fondando il partito popolare ed il liberalismo cattolico che in seguito, nel dopoguerra, diede vita alla Democrazia cristiana. Se dalle cronache democratiche della nostra Nazione cancellassimo il Pci, il Psi e la Dc e poi i social democratici del Psdi, i liberali del Pli e gli azionisti repubblicani del Pri, rimarrebbe ben poco della storia politica e sociale del Belpaese. Ma ognuno la racconta come conviene ed evidentemente, in quel contesto, andavano bene anche le grossolane dimenticanze di Feltri. Quello che però non può essere dimenticato è stato l’intervento del filosofo liberal Marcello Pera, ex presidente del Senato ed autorevole discepolo di K.R. Popper e della scuola di Vienna, fucina di economisti e sociologi che dopo mezzo secolo, si sono aggiudicati la loro battaglia contro il marxismo in Europa e nel mondo. Pera, nonostante il vuoto pneumatico presente (in termini di novità politico-ideologiche, programmatiche e socio economiche) nella relazione introduttiva di Giorgia Meloni ed in quelle dei successivi oratori, ha ribadito la necessità di fondare un partito conservatore che aggreghi, sulla base delle idee liberali, le forze di centrodestra. Insomma: un’alternativa organica al centrosinistra tuttora imperniato attorno al social liberalismo del Pd, con il suo carico di ambiguità che sfociano nella vetusta egemonia dello Stato sugli individui. Per dirla con altre parole: Pera ha auspicato un ulteriore passo in avanti da realizzare dopo la svolta che Gianfranco Fini propose a Fiuggi nel 1995 con la trasformazione del Movimento sociale italiano in Alleanza nazionale. In quella sede, lo ricorderemo tutti, fu abbandonato per sempre il riferimento al retaggio post fascista, fu chiusa la teoria economica del corporativismo e delle classi sociali per aprirsi all’interclassismo, dottrina economica e sociale da sempre punto di riferimento della Democrazia cristiana. I tempi erano cambiati e lo sdoganamento della Destra si completò con la profonda metamorfosi ideale e valoriale, auspici il politico Pinuccio Tatarella, il filosofo Domenico Fisichella, intellettuali del calibro di Marcello Veneziani, Gennaro Malgeri e dell’economista Mario Baldassarri. Come sia andata a finire dopo la fusione di An con Forza Italia nel Pdl passando, per gradi, nella stagioni delle alleanze della Casa del Buon Governo e del Polo della Libertà, lo sappiamo tutti: un naufragio bello e buono del tentativo di creare un centrodestra di stampo liberal-liberista non soffocato dalla satrapia e dagli interessi di Silvio Berlusconi e dalle spregiudicate manovre di Fini assurto a presidente della Camera ed in vena di raggiungere lo scranno di Palazzo Chigi con l’opera silenziosa delle sirene incantatrici di Giorgio Napolitano inquilino del Quirinale. Una lunga storia che FdI vorrebbe ripercorrere oggi, solo sul piano dell’occupazione del potere, raggiungendo il governo senza però aderire a niente che abbia una parvenza di emancipazione culturale ed ideale. Eppure la Meloni ha avuto l’improntitudine e l’astuzia di chiudere il convegno milanese prefigurando la nascita della sigla “Conservatori” per il suo progetto politico (e di potere). Un contenitore vuoto, un ulteriore gioco semantico privo di costrutto e di riferimento a modelli di società e di economia liberali. Che oggi i sondaggi assegnino a Fratelli d’Italia una maggioranza relativa sulla quale costruire desideri repressi è pur vero, ma cosa si possa costruire con parole vuote non è dato sapere. Vorrà dire che mentre il duce del Fascismo marciò su Roma, la Meloni, al massimo, potrà puntare su…Orte. Che dire? a ciascuno il suo limite ed il proprio fine.