Ofiuco e il corsivo

“Vi sblocco un ricordo”, così per usare anche noi uno slang da giovani sui social media. Era il 1995, gli italiani erano felicemente in Seconda Repubblica, l’anno era cominciato da una manciata di giorni e la scienziata Jacqueline Mitton annunciò al mondo che fino a quel momento gli astrologi di tutto il mondo avevano sbagliato tutto perché i segni zodiacali non sarebbero stati 12 come abbiamo sempre immaginato ma uno in più, ossia 13. Introducendo così Ofiuco, con tanto di rappresentazione di un uomo che stringe e sottomette un serpente. De facto, però, Jacqueline Mitton non inventò niente: quell’anno a suggerire tale cambiamento furono Walter Berg e Mark Yazaki che a loro volta ereditarono tale intuizione da Stephen Schmidt che ben 25 anni prima aveva già introdotto l’Ofiuco in un oroscopo di 14 segni. Vi assicuro che dietro c’è un mondo, ci sono linee di pensiero diverse, una mai sopita lotta tra astrologi e astronomi, ore e ore passate a guardare il cielo.
Insomma, Jacqueline Mitton fondamentalmente può essere definita un’antesignana dell’“andare virale”. E come, se andò virale. Virale come una fiammata ma che conquistò ogni spazio mediatico a disposizione. Servizi ai tg, paginone di settimanali, titoli di quotidiani (ricordo una delle più note testate nazionali titolare con un allarmante “Oroscopo tutto da rifare”). Ogni tanto questa storia torna di moda, recupera qualche spazio e spesso e sovente viene ricordata Jacqueline Mitton come la “scopritrice” di Ofiuco, costellazione che in realtà e in astrologia era già nota finanche ai Babilonesi e che non apparteneva ai nostri oroscopi per una mera questione di semplicità (12 segni, 12 mesi).
Ma torniamo al 1995: grande curiosità, titoloni altisonanti, approfondimenti nei tg di notizie per poi – puff – svanire nel nulla. La nostra vita è tornata alla normalità, le ultime pagine dei giornali torneranno a ospitare oroscopi a 12 segni, i Cavalieri dello Zodiaco continueranno a affrontare 12 templi prima di affrontare il Grande Sacerdote etc.etc. Questa lunga e necessaria premessa serve prima di tutto a liberarci dall’errata convinzione che sia il web a creare fenomeni inutili che durano il tempo di una facile attenzione per poi svanire nel nulla. No, questa cosa è sempre esistita, ben prima del web su larga scala e Ofiuco ne è solo un esempio. Cambiano strumenti, modi e velocità, certo, ma la logica di Ofiuco è sempre la stessa. E il corsivo ne è un esempio.
Sintetizzo velocemente per chi ne aveva fortunatamente e bellamente ignorato l’esistenza fino ad oggi: il corsivo è una trovata di una TikToker influencer che “insegna” a parlare scimmiottando un certo slang pseudogiovane e pseudosettentrionale, allungando e stridulando oltremodo i fonemi. Qualcuno intuisce la viralità e spinge il piede su un argomento destinato a sollevare qualche curiosità, per attribuirsene la nascita e/o la crescita. Una serie di persone che amano i titoli – più che l’impatto che possano avere le notizie di interesse comune sulla società – le spingono. Il caso dura il tempo che trova. E – puff – anche il corsivo sarà inghiottito dal nulla da cui veniva.
Il problema, piuttosto, è che la vita della notizia di consumo non è più tale e allora tocca conviverci con tutto ciò che la circonda, come discutibili analisi in cui si parla di trend sociologici nati su piattaforme per lo più ignote a chi scrive. Il corsivo, di fatto, non è un fenomeno di tendenza culturale ma un video virale. Non è una feroce analisi alla superiorità morale di Milano ma una trovata per fare contenuti che vengono visti e cliccati. Attribuire altro significato a ciò è come attribuire etica e filosofia ai video della superstar di TikTok Khaby Lame (che a tal proposito rischia di banalizzare la questione dello ius soli ma, vabbé, questo è un altro fatto su cui magari ci torniamo – e comunque Khaby è bravissimo). E invece no. Ora sul trend del corsivo e della sua illustre rappresentante influencer 19enne di bell’aspetto e anche un po’ ammiccante si sprecano analisi che sanno di romanzo di crescita adolescenziale. Alla fine dei giochi, invece, è una “bischerata” e null’altro. Ridiamoci su il tempo di un Ofiuco qualunque, aspettando la prossima trovata virale a cui una certa stampa vorrà dare retrosignificati che non esistono.

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