Pa, Brunetta: “Sì a semplificazione, no smart working a priori. Servono 150 mila assunti l’anno”

Foto Ettore Ferrari / LaPresse / POOL in foto Renato Brunetta

MILANO – Semplificazione e digitalizzazione. La strada per il rilancio della Pubblica Amministrazione, secondo il neo padrone di casa Renato Brunetta, parte da questi concetti chiave. In una discussione organizzata da PwC Italia, il ministro per la Pa indica le persone quali motore della ripartenza, ricalcando le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che definisce la Pa come “il volto della Repubblica”.

Brunetta delinea i primi passi da compiere

“Possiamo fare formazione ripristinando un sano turnover. Bisogna fare la rivoluzione che cambi completamente i paradigmi utilizzati negli ultimi 10 anni. Abbiamo la grande occasione di poter utilizzare 200 miliardi che l’Europa ci darà per ripartire con gli investimenti pubblici e privati e per reinvestire nel capitale umano”.

Partendo proprio dall’opportunità offerta dalle risorse europee in arrivo tramite il Recovery Fund, Brunetta spiega che il Governo è al lavoro per un’opera di semplificazione. “Sto preparando un decreto legge di semplificazione a 360 gradi che dovrebbe essere approvato entro questo mese, di accompagnamento al Pnnr”, afferma il ministro, perché “se il processo amministrativo non è semplificato, il flusso non lo attraversa. Stiamo parlando di un flusso digitale che deve essere veloce, non deve avere blocchi o sospensioni. E quindi il canale di attraversamento deve essere il più semplice possibile”.

Ma la semplificazione non basta. “Per ripristinare un minimo di turnover serio, qualitativo e quantitativo, servono almeno 150.000 giovani all’anno”, aggiunge Brunetta. Semplificare significa tagliare i vincoli per potenziare il motore e la velocità, responsabilizzando gli interlocutori dei cittadini. Sarebbe un paradosso immettere capitale umano con regole vecchie, evidenzia il ministro.

Non è detto che il rilancio della Pa debba passare necessariamente per una delle trasformazioni più radicali introdotte in conseguenza del Covid nel mondo del lavoro, ovvero lo smart working. Sul punto Brunetta aggiunge: “La Pa utilizzerà lo smart working solo se migliorerà l’organizzazione del lavoro, l’efficienza del lavoro e aumenterà la soddisfazione dei clienti. Solo se queste tre cose contemporaneamente risiederanno nel nuovo processo amministrativo ci sarà smart working. Altrimenti si torna nel posto di lavoro”.

Il ministro ricorda che la precedente amministrazione aveva introdotto delle quote di utilizzo per lo smart working nella Pa. Arriva a stretto giro la replica di Fabiana Dadone: “La bugia che oggi umilia ulteriormente i dipendenti pubblici è quella di dire che attualmente lo smart working è vincolato a percentuali”.

Precisa però in una nota il dipartimento della funzione pubblica: “I provvedimenti della ministra Dadone, tutt’ora vigenti, prevedono varie percentuali minime di lavoratori destinati allo smart working: il 50% per il periodo emergenziale e il 60% a regime per attività che il dirigente decide che possono essere svolte in lavoro agile (cosiddette ‘smartabili’). Se ora la ministra Dadone afferma che non esistono percentuali minime e che saranno i dirigenti a decidere in termini di miglioramento dell’efficienza, della produttività e della customer satisfaction, allora siamo perfettamente d’accordo”.

Fuori dalle polemiche, Brunetta comunque promette: “Voglio fare della Pubblica Amministrazione un grande catalizzatore della ripresa, del Recovery, che alleggerisca le regole sul mercato e che faccia funzionare meglio l’economia di mercato”.(AWE/LaPresse)

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