Patto per Napoli e incarichi, De Luca vuole dettare la linea

Il figlio del governatore ieri ha incontrato il sindaco: appoggio per pressare Roma. Da sciogliere il nodo Amato per la presidenza dell’Assise, tante resistenze nel Pd

NAPOLI – Il patto per Napoli rappresenta l’unica possibilità per il sindaco Gaetano Manfredi di avere agibilità amministrativa. Il governatore Vincenzo De Luca lo sa e tenta di spalleggiarlo non per altruismo, ma per tornaconto politico. Il fatto che al primo cittadino non sia bastata ‘l’autorevolezza’ per ottenere garanzie dal governo Draghi ha rappresentato una buona occasione per il presidente di giocarsi uno degli assi che ha sempre nella manica. Ieri, ha calato l’asso di cuori, ossia il figlio Piero, vicecapogruppo alla Camera del Pd che durante un incontro con Manfredi si è impegnato a pressare il governo per ottenere il denaro necessario a sbloccare le casse del Comune e di conseguenza la città attraverso l’azione amministrativa. “Ci auguriamo – ha detto il deputato – che nelle prossime settimane si possa definire e condividere un intervento normativo di carattere nazionale, che permetta all’attuale amministrazione di dare risposte all’altezza delle criticità esistenti e delle sfide che abbiamo di fronte e consenta di non tradire la fiducia riposta dai cittadini nella proposta di centrosinistra per la guida di Napoli”. A Manfredi serve un appoggio concreto all’interno del Parlamento se vuole riuscire ad ottenere ciò che ha promesso ai cittadini per farsi eleggere. Certo è che l’impegno di De Luca Junior è e sarà direttamente proporzionale a ciò che De Luca senior otterrà all’interno del consiglio comunale di Napoli. Il numero uno di palazzo Santa Lucia punta a far eleggere presidente del consiglio comunale la sua fedelissima Enza Amato, ma per farlo ha bisogno di sbaragliare la concorrenza. Non quella reale fatta di candidati alternativi, ma quella legata alle lotte intestine del Pd che non vorrebbe regalare al governatore l’ennesima casella chiave a Napoli. A mettergli i bastoni tra le ruote e a remare contro c’è il consigliere regionale Bruna Fiola che la Amato proprio non la vuole. Al di là dell’antipatia personale, in ballo c’è il riposizionamento all’interno del partito. Fiola punta a ottenere la guida del partito cittadino. E se riuscisse a frenare l’ascesa della deluchiana al Comune gli equilibri interni muterebbero. Il problema reale è che il Pd non ha nomi alternativi ‘validi’ e che se la Amato non gode dell’appoggio di molti dem, lo stesso vale per il pupillo della Fiola, Gennaro Acampora a cui essere stato il più votato non basta, a detta dei piddini, ad acquisire la caratura necessaria per guidare l’assise napoletana. Piaccia o meno, mai come in questa fase, l’intreccio tra politica locale e nazionale è evidente e nella spartizione o attribuzione delle caselle consiliari chi può garantire Manfredi appoggi romani ha maggiori possibilità di occupare posizioni di rilievo. E’ vero che la maggioranza di Manfredi va ben oltre il Pd, ma è altrettanto vero che assegnare la presidenza al M5S, arrivato terzo alle elezioni è meno probabile. Il problema reale per i dem è che l’unica alternativa plausibile all’Amato non è tra le fila piddine, ma è rintracciabile comunque tra quelle deluchiane. Manfredi può provare a restare fuori dallo scontro interno al Pd, così come al M5S, ma nei fatti sa di avere bisogno di chi può avere un peso politico oltre provincia e oltre regione, quindi a Roma altrimenti rischia di mancare l’obiettivo denominato Patto per Napoli.

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