Pd Campania, cupio dissolvi

Fu San Paolo, nella lettera ai Filippesi, ad utilizzare, per primo, l’espressione “cupio dissolvi” che letteralmente significa “desiderio di essere dissolto”. Un modo di dire che manifesta l’intenzione di mettere fine a una situazione diventata non più adeguata o sopportabile. Diciamo pure che non c’è migliore espressione per descrivere lo stato in cui versa il Pd campano, cannibalizzato da uno dei suoi più grandi “signorotti”: quel Vincenzo De Luca che da circa un decennio imperversa sulla scena politica della seconda regione italiana. Più che un “cacicco”, ovvero un grande portatore di voti, l’ex sindaco di Salerno appare come cosa del tutto estranea al partito cui pure appartiene. Diverso e categorico nel modo di comunicare, apodittico e sferzante nell’agire, lo “sceriffo” può definirsi una sorta di solipsista illuminato nel modo di intendere la linea politica dei dem, sovente cambiata a suo piacimento in base alle circostanze e agli interessi politici elettorali del momento, Destra e Sinistra sono concetti metafisici e variabili. Se fossero ancora vivi e vegeti i partiti e i movimenti di un tempo, uno come il governatore sarebbe stato messo fuori già da un bel pezzo per manifesta e assoluta incompatibilità. Tuttavia nell’era del pensiero debole e della continua mutazione ai vertici della classe dirigente, De Luca sopravvive mal sopportato nei ranghi del principale partito di opposizione del Belpaese nel cui spazio si muove, come specie di scheggia impazzita, in continua antinomia con l’establishment di Largo del Nazareno. Lo si sopporta, insomma, come prezzo da pagare per accaparrarsi quella fetta di elettorato di cui egli dispone a titolo personale, come personaggio vulcanico, istrionico e polemico, ma pur sempre noto e popolare. Aduso a tenere, settimanalmente, sermoni ironici e coloriti, per il tramite di un Tv privata, senza contraddittori e senza giornalisti, “don Vincenzo” giudica e sentenzia senza riguardi per nessuno, senza che da quelle geremiadi si possa trarre una indicazione politica coerente ed affine al partito in cui tuttavia continua a militare. Insomma: nel vuoto pneumatico in cui versa il Pd della Terra Felix, dopo i fasti dell’era bassoliniana, il presidente della giunta regionale ha costruito un suo originale movimento fatto di liste civiche entro le quali sono entrati candidati di ogni specie e colore politico. Il “divide et impera” così costruito, gli ha consentito l’esercizio di un potere assoluto nei riguardi della sua stessa maggioranza i cui componenti sono trattati come fossero suoi adepti. Ecco allora che i consiglieri regionali vengono considerati pedine acritiche e apolitiche, pendenti dalle sue labbra: costoro vivono degli agi e dei benefit del ruolo e delle piccole elargizioni che vengono loro concesse sotto forma di finanziamenti di opere pubbliche. Asserragliato nel bunker del palazzotto di via Santa Lucia oppure negli uffici del provveditorato alle Opere pubbliche di Salerno, adibito a sua segreteria politica all’occorrenza, De Luca muove i fili degli apparati burocratici codini ai cui vertici ha collocato amici fidati, perlopiù suoi conterranei della città di Arechi. In questo contesto da basso impero, in cui trionfa il cesarismo egocentrico del governatore, il partito è diventato un fastidioso orpello. Un simbolo da utilizzare nella fase elettorale e da mettere in cantina per il restante lasso di tempo. Ma a quanto pare tale stato di cose (e la sola rendita che esso garantisce), non garba tanto al nuovo segretario dem Elly Schlein. Quest’ultima, fatta oggetto di salaci battute e di ironici commenti nel corso dei tormentoni televisivi deluchiani, ha deciso di mettere un punto fermo al personalismo esagitato dell’esuberante presidentissimo. La leader dem ha infatti licenziato da vice capogruppo alla Camera Piero De Luca, plastica espressione di nepotismo politico, e commissariato la federazione campana e quella di Caserta. Per la provincia di Terra di Lavoro non si tratta di una novità in quanto il commissariamento del partito è già in atto da qualche lustro a testimoniare la faida interna che lo contraddistingue da anni, con buona pace dell’eredità intransigente ed ortodossa lasciata da uomini della tempra di Peppino Capobianco e dalle tante lotte contadine ed operaie combattute nel dopoguerra. A ben vedere, però, il nodo della discordia origina nella contrarietà della Schlein a modificare la legge che contempli la possibilità di un terzo mandato per i presidenti di Regione e quindi per il gran “Cacicco salernitano”. Come se ne uscirà non è dato prevedere, ma conoscendo la determinazione di De Luca appare probabile che ci possa essere una scissione, forse di quelle meno traumatiche, ammantata dall’uso di liste civiche di area progressista per le future competizioni elettorali. Salvo che non ci si accordi sulle candidature europee spedendo De Luca e la sua autarchia a Bruxelles, tanto per evitare un “cupio dissolvi”.

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