Quell’omicidio che ha ‘ucciso’ il clan dei Casalesi

“Avevamo visioni diverse”: l’intesa tra i due boss iniziò a sgretolarsi nella seconda metà degli anni Duemila. Il pentito: dopo il delitto Salzillo, Zagaria cominciò a non versare più denaro nella cassa dei Casalesi

Il luogo del delitto

“Avevamo visioni diverse”: l’intesa tra Nicola Schiavone e Michele Zagaria iniziò a sgretolarsi nella seconda metà degli anni Duemila. Poi, tra i due, a sancire la rottura definitiva ci pensò il ritorno di Antonio Salzillo:“Non era pericoloso come persona – ha spiegato il figlio di Sandokan. – Lo era come simbolo”. Accettare che il nipote di Antonio Bardellino, senza ‘permesso’ del clan dei Casalesi, si aggirasse tra Cancello Arnone, San Cipriano e Casapesenna per i Casalesi era inaccettabile. Eppure, ha ricordato il pentito, nessuno faceva niente. “Salzillo stava là da due mesi e mezzo. Era controllato da me”. Ed invece Capastorta non batteva ciglio. “Si giustificava dicendo che non lo sapeva. Ma era troppo malavitoso per non accorgersene”.

L’omicidio che ha cambiato il clan

In quel disinteresse Schiavone ci vedeva malizia: così agì in autonomia. Lo fece ammazzare sulla Provinciale che collega Cancello Arnone a Villa Literno: era il 6 marzo del 2009. Dopo quell’omicidio il clan così come era stato organizzato negli anni Novanta non è esistito più. E’ scomparso, imploso. La ‘cassa comune’ sparita: “Zagaria non mandava più soldi. Mi sobbarcai io i costi dei detenuti al 41 bis”. La cosca di Casapesenna sostanzialmente divenne autonoma. E’ una storia già nota, già raccontata ai magistrati dal primogenito di Sandokan nella sua nuova veste di collaboratore. Ma è una storia fondamentale per comprendere le dinamiche e le relazioni tra i ‘capi’. Una storia che il collaboratore di giustizia ha ripetuto in aula anche ieri pomeriggio, durante il processo a Fortunato Zagaria, accusato di concorso esterno al clan.

Il processo

L’ex sindaco con Luigi Amato, rappresentato dal legale Raffaele Mascia, e Michele Zagaria, risponde pure di violenza privata aggravata dalla finalità mafiosa ai danni di Gianni Zara, avvocato e già primo cittadino. Quella di Schiavone è stata l’ultima testimonianza raccolta dal tribunale di Santa Maria nel dibattimento. Rispondendo alle domande del pm Maurizio Giordano ha riferito alla corte i rapporti tra le cosche e i politici locali. Per anni la camorra nell’Agro aversano avrebbe deciso tutto: dalle candidature agli affidamenti degli appalti.

Politica e camorra

“Le amministrazioni erano compiacenti”. E quando si verificava un cortocircuito elettorale che portava alla vittoria un sindaco ‘non allineato’ allora si interveniva a gamba tesa per metterlo da parte. Proprio come accadde con Gianni Zara. “Non era a disposizione del clan. Zagaria fece bene a comportarsi in quel modo”. Ma le fasce tricolori ‘non a disposizione’, stando al narrato del collaboratore, erano mosche bianche: “Come Zara ad esempio c’era Renato Natale”. Entrambi “erano apertamente contro di noi”. Erano l’eccezione.
E’ per tale ragione che, secondo la Dda, Michele Zagaria sfruttando l’ipotizzato collegamento con Fortunato Zagaria, assistito dagli avvocati Paolo Trofino e Giuseppe Stellato, fece ‘sfiduciare’ nel 2009 l’allora sindaco Zara: era un’amministrazione che ostacolava l’interessa del clan e per questo andava bloccata.

I voti della cosca

Sempre Michele Zagaria, stando al racconto di Schiavone, nel 2003 sostenne elettoralmente Fortunato: a riferirgli tale circostanza fu la famiglia dell’ex cognata. “Mio fratello Walter era fidanzato con la figlia di Antonio Schiavone. La suocera, Emma, era originaria di Casapesenna e mentre chiacchieravamo ci disse che avevano chiesto ai Donciglio e ai Garofalo di votare Fortunato”. Ad avanzare quell’istanza sarebbero stati i fratelli del capoclan di Casapesenna: “Ma non ricordo se si trattava di Pasquale, Antonio o Carmine”.

Le strisce blu

Nicola Schiavone ha citato in aula anche un ‘favore personale’ che aveva chiesto a Zagaria: “Roberto Vargas tramite una ditta già attiva nel settore voleva prendersi i parcheggi a pagamento pure a Casapesenna”. Di quel business il pentito parlò con Capastorta per avere l’ok. “Ma non si fece più nulla perché Vargas nel 2009 venne arrestato”.

La rabbia del boss

Prima dell’interrogatorio di Schiavone, Michele Zagaria, rappresentato dall’avvocato Paolo Di Furia, si è lamentato dell’attivazione del videcollegamento con l’udienza di ieri: “Ho rinunciato alcuni mesi fa a presenziare a questo processo, eppure oggi mi ritrovo in video-conferenza dal carcere. Oggi sono stato importunato. E’ successo proprio oggi che viene a parlare il signor Nicola Schiavone”. Il processo, dinanzi al collegio presieduto dal giudice Maria Francica, riprenderà a maggio per la requisitoria del pubblico ministero.

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