Regione Campania, il ‘trucchetto’ di De Luca per governare fino a 81 anni

Il governatore Vincenzo De Luca: entro l’anno una legge che lo consenta anche in Campania il terzo mandato

NAPOLI – “Faremo quello che ha fatto la Regione Veneto e che hanno fatto altre Regioni. Da quando si approva la legge elettorale della Campania scatta la norma dei due mandati, niente di particolarmente innovativo. È una linea già segnata da qualche altra Regione”. A dirlo è Vincenzo De Luca, governatore della Campania che sogna di restare a Palazzo Santa Lucia fino al 2030, quando avrà 81 anni.

Già qualche giorno fa aveva annunciato questa intenzione e ieri l’ha ribadita spiegando che vuole cambiare la legge elettorale campana entro l’anno. E per farlo dovrà chiamare gli azzeccagarbugli. La legislazione nazionale, che prevale su quella locale, infatti sul punto è molto chiara. La legge numero 165 del 2 luglio 2004, che recepisce le disposizioni dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione specifica la previsione “della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”. E queste sono le modalità con cui è stato, per due volte, eletto il governatore Vincenzo De Luca. C’è, però, un problema interpretativo. Nel 2010 Vasco Errani e Roberto Formigoni si sono ricandidati, vincendo, per un terzo mandato in Emilia Romagna e Lombardia e il tribunale ha dato loro ragione in quanto le Regioni non avevano ancora recepito la normativa nazionale.

Una ‘comoda distrazione’ quella dei presidenti, insomma. E poi c’è il caso Veneto, dove Luca Zaia ha approvato lo statuto che vieta il terzo mandato per i presidenti nel 2015 e, non essendo la legge retroattiva ed avendo vinto le elezioni solo 2 anni prima, ha potuto ricandidarsi per un terzo mandato in barba alla legge del 2004. In più, nel 2018, nella sua regione è stato eliminato il vincolo per i consiglieri. E qui entra in gioco De Luca. Impensabile che il Tribunale possa dargli ragione come avvenuto per Errani e Formigoni 10 anni dopo per ‘mancato recepimento della legge nazionale’. Mentre potrebbe aggirare l’ostacolo approvando un nuovo statuto della Regione, magari convincendo i consiglieri a votarlo in cambio della mancata introduzione del vincolo dei due mandati per chi siede in Assise.

L’attuale statuto risale al 2009, con Palazzo Santa Lucia nelle mani di Antonio Bassolino (altro ‘highlander’ della politica). In venti pagine e oltre 68 articoli non c’è traccia del vincolo, che pure la legge nazionale aveva introdotto 5 anni prima, sebbene ce ne sia uno al fatto che la Regione è “crogiolo delle antiche civiltà italica, etrusca, greca, romana e sannita e svolge la funzione di grande mediatrice fra oriente ed occidente conferitale dal carattere universale della sua cultura”. Nella legge elettorale, sempre datata 2009, invece, viene indicato che “il Presidente della Giunta regionale e il Consiglio regionale sono eletti a suffragio universale e diretto” e che “si applicano, inoltre, in quanto compatibili con la presente legge, le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia”.

E qui, vista l’ambiguità nell’indicazione, gli avvocati, se chiamati in causa, potrebbero darsi battaglia. Ma De Luca perderebbe, con ogni probabilità. E quindi ha bisogno di modificare lo Statuto, adeguando la legge della Regione alla legge dello Stato e soprattutto alle sue esigenze, alla sua voglia di diventare il Putin della Campania. Il trucchetto è pronto. I consiglieri regionali avranno l’opportunità di evitarlo, ma pare difficile visto che l’opposizione al Centro direzionale sembra un concetto superato. Magari, in futuro, ci penseranno i cittadini e ricordare che la legge dello Stato va applicata, non modificata per interessi di parte.

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