Renzi: non corro per la segreteria del Pd, ma non vado in pensione

Foto Alberto Pizzoli in foto Matteo Renzi

Roma – Il tris non ci sarà. Matteo Renzi non correrà per guidare il Pd. È lui stesso, al termine dell’ennesima giornata in cui roventi sono le linee telefoniche dei suoi, a fare chiarezza.

“Candidati al congresso’, mi hanno scritto in tanti

Grazie del pensiero, ma non lo farò – scrive in un post “personale” sui social – Ho vinto due volte le primarie con il 70% e dal giorno dopo mi hanno fatto la guerra dall’interno. Mi sentirei come Charlie Brown con Lucy che gli rimette il pallone davanti per toglierlo all’ultimo istante. Non mi ricandido per la terza volta per rifare lo stesso – sentenzia – Chiunque vincerà il congresso avrà il mio rispetto e non il logorio interno che ho ricevuto io“.

‘Charlie Brown’, comunque, resta in campo

Renzi rivendica la ” gigantesca battaglia contro la cialtroneria di chi ci governa”, messa in campo tutti i giorni in Parlamento, sui social, sui media (domani sarà nel salotto Tv di Porta a porta). Non è tutto, però. Nel 2019 il ‘senatore semplice di Scandicci’ sarà di nuovo in giro per l’Italia. “A fine gennaio uscirà un mio libro, per Marsilio, e girerò tutto il Paese, specie i piccoli borghi di provincia, per parlare e per ascoltare. Come ai vecchi tempi”, annuncia.

Un nuovo progetto

Una WebTV alla quale sta lavorando “da mesi” per “non lasciare la rete in mano alle Fake News”. E avanti anche con i comitati civici ‘Ritorno al futuro’ e con il “meraviglioso popolo” della Leopolda. “Io continuo a combattere: non corro per il congresso ma non vado in pensione – scrive avvertendo avversari e ‘compagni’ – resto in campo, sorridente e tenace. Perché il tempo è galantuomo. E io ci credo davvero”.

Era quello che i renziani, smarriti, aspettavano. Una parola sul futuro, un segnale del leader. L’ex segretario, in realtà, non fa chiarezza fino in fondo. Nel lungo post non mette nero su bianco che la sua battaglia contro la “cialtroneria” gialloverde la combatterà da dentro il Pd, ma a chi – come Carlo Calenda – scalpita per sapere quale sarà la strategia dem alle Europee, l’ex premier si limita a dire che spetterà al nuovo segretario indicare la rotta.

Il fatto che Renzi non abbia affatto intenzione di ritirarsi, comunque, alle ‘truppe’ basta. Domani decideranno come schierarsi al congresso. L’appuntamento è fissato alle 13. Luca Lotti e Lorenzo Guerini, in contatto costante in questi giorni, hanno convocato con un breve sms “i parlamentari che avevano dato disponibilità per la mozione Minniti”.

Ad oggi, due le ipotesi in campo: “O andiamo avanti con una candidatura nostra, identitaria, e testimoniamo la nostra posizione dentro il congresso, o altrimenti – viene spiegato – mettiamo su una squadra che affianchi quella già in campo a sostegno di Maurizio Martina“.

Trovare un nome spendibile, in queste ore, non sembra cosa semplice

Lorenzo Guerini ha ribadito il suo no. Per motivi di “sensibilità istituzionale”, dal momento che siede sulla poltrona di presidente del Copasir. “Capisco che non sia di moda – ha confidato a chi lo voleva della partita – Sono di una vecchia scuola, se uno ha un ruolo istituzionale di garanzia non può essere candidato alla guida di un partito“. E se negli scorsi giorni era circolato il nome del sindaco di Pesaro, adesso anche Matteo Ricci si chiama fuori.

In pole ci sarebbe Teresa Bellanova

La pasionaria renziana ha dalla sua il fatto di essere donna e avere una chiara matrice identitaria. Nicola Zingaretti aspetta. I sondaggi lo danno in testa col 41%, Renzi era dato secondo con il 31%, mentre Maurizio Martina è al 28%. “Insieme ai renziani – azzardano nell’entourage di quest’ultimo – possiamo ancora farcela“.

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