NAPOLI – Nuovo governo, nuova riforma. Anche l’esecutivo guidato dalla premier Giorgia Meloni, dopo quello targato Mario Draghi, ha deciso di mettere mano al sistema giustizia. Come? Con il pacchetto di norme presentato dal ministro Carlo Nordio. Ma queste misure agevoleranno o renderanno più complicato il lavoro dei magistrati? È la domanda che abbiamo posto ad Alessandro D’Alessio, per oltre dieci anni alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, in prima linea nella lotta alla mafia casertana, e dal 2021 in Calabria, al vertice della Procura di Castrovillari.
Questa riforma fa bene alla giustizia?
Lei, giornalista, ha a disposizione penna, taccuino, un computer e un registratore. Se le tolgono uno di questi strumenti, cosa succede? Si sente più forte o più debole nel suo lavoro?
Più debole…
E a noi magistrati è stato tolto uno strumento dell’armamentario che prima avevamo a disposizione. Quindi…
Logicamente si riferisce all’abuso d’ufficio.
Certo. Rappresenta un reato spia. Spesso si parte da quello per andare a svelare condotte più gravi. È anche vero che in passato si è fatta una sua applicazione pessima, quando si arrestavano i consiglieri comunali solo per aver votato una delibera. Sono errori che la magistratura, adesso, dovrebbe ammettere. Ma l’abrogazione del reato, a mio avviso, è un messaggio sbagliato. E poi credo che l’amministratore pubblico, più che l’abuso d’ufficio, teme la responsabilità contabile delle sue azioni…
Abuso d’ufficio a parte, il disegno di legge entra a gamba tesa pure su un altro tema: le ordinanze cautelari. Prevede che, in alcuni casi, a disporre l’eventuale provvedimento restrittivo per un indagato siano tre giudici e non più uno solo.
Ma con tutto il sistema delle incompatibilità che già esiste, con i deficit strutturali, di mezzi e di uomini che ha la macchina giudiziaria, prevedere un organismo collegiale che decide sulle misure cautelari, complica o semplifica l’attuale sistema? Se veramente si fosse voluto fare una riforma efficientistica, era opportuno accompagnare questa introduzione con un’altra modifica.
Quale?
Eliminare il Riesame. Ho l’organo collegiale che decide in prima battuta dopo aver ascoltato l’indagato: è il massimo della garanzia. Perché mantenerlo? La garanzia è anticipata. C’è la richiesta di misura cautelare, la conoscenza degli atti precedenti, il previo interrogatorio, poi la decisione collegale sull’eventuale arresto… e deve esserci ancora il Riesame? Non è un eccesso? Logicamente verrebbe lasciata possibilità del ricorso per Cassazione.
Non credo che accadrà.
Ma così si rischia di rendere il sistema meno funzionale, più macchinoso. Può ingolfarsi. Di garanzie si può anche ‘morire’. Perché anche troppe garanzie possono rendere poco efficiente il processo.
Altro argomento toccato dalla riforma: le intercettazioni.
Forse sarò anche un lettore superficiale, ma da anni non riscontro più casi eclatanti di pubblicazioni indebite di conversazioni. Ad oggi, tutte le intercettazioni confluiscono in un archivio digitale di cui è responsabile il Procuratore della Repubblica e può uscire solo quello che viene messo a disposizione delle parti.
Dovrebbe già bastare…
Con la nuova riforma, invece, possono essere pubblicate solo quelle che vengono inserite da un giudice in un provvedimento di decisione. Quindi, se la Procura conclude le indagini e non ci sono misure cautelari, il giornalista che fa? Non può pubblicare nulla? Tutto ciò che è bavaglio a me fa paura. Quello delle intercettazioni è un problema non più attuale. Prima di intervenire su questo settore, che interessa la stampa, ritengo che sarebbe stato opportuno ascoltare prima i giornalisti, confrontarsi con loro e poi, cosa che spetta alla politica, decidere.
Aver abrogato l’abuso d’ufficio equivale, ha detto, ad aver tolto ai magistrati un’arma che prima avevano a disposizione. Ma non è l’unica che la riforma Nordio ha tolto alle Procure. In alcuni casi l’accusa non potrà più impugnare le sentenze di proscioglimento
Su questo punto forse la stupirò. Sono favorevole all’abolizione dell’appello in senso totale, che, ricordiamolo, non è costituzionalizzato. Vogliamo semplificare il processo? Eliminiamolo per tutti. Ma secondo lei, toglierlo solo per i processi monocratici a citazione diretta è davvero una grande novità? Ricordo la legge che nel 2006 venne cassata dalla Corte costituzionale: in quell’occasione sembrava che ci fosse l’intenzione di ‘punire’ il pm. Io rilancio. Eliminiamolo. Decisione di primo grado e poi Cassazione. Così libereremo tanti giudici dalle Corti d’appello, perennemente in sofferenza, che potranno essere utilizzati nei Tribunali. E in questo modo non facciamo un torto a nessuno, perché è una possibilità che viene tolta all’accusa e all’imputato.
Sintetizzando, anziché semplificare, la riforma rischia di complicare il sistema.
Mi sta bene se togliamo l’impugnazione non solo al pm, lasciando, ovviamente, il ricorso per Cassazione. Mi sta bene la decisione collegiale per la misura cautelare, magari senza interrogatorio preventivo, se non quando è il giudice a ritenerlo necessario. Ma eliminiamo il Riesame. In questo modo avremo garanzia e semplificazione e il processo sarà efficace.
Per un reato che scompare, ce ne è un altro a cui il ministro ha voluto dare più attenzione: il traffico di influenze illecite. Così come è stato impostato, però, non le sembra una ‘corruzione mascherata’?
Sono d’accordo con lei, sembra un doppione della corruzione e oggi è pure di difficile applicazione. Detto questo, però, in Italia c’è un’esigenza collegata proprio al traffico di influenze illecite: va regolarizzato il fenomeno del lobbismo. Negli Usa esiste, è accettato. E’ arrivato il momento che anche da noi si affronti questo tema.
Scompare l’abuso d’ufficio e stop agli arresti a sorpresa
Addio all’abuso d’ufficio, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni (per tutelare terzi non coinvolti nelle indagini), limiti per i pubblici ministeri nel ricorrere in appello e più garanzie per gli inquisiti in relazione alle ordinanze cautelari: sono le principali novità introdotte dal disegno di legge sul tema della giustizia approvato dal Consiglio dei ministri. Il guardasigilli Carlo Nordio (nella foto) lo aveva promesso: sarebbe intervenuto sul sistema seguendo i principi bandiera del centrodestra berlusconiano.
Il pacchetto di norme che il ministro della Giustizia e il governo Meloni hanno predisposto dovrà ora essere valutato dal Parlamento. E probabilmente Camera e Senato proveranno a modificarlo. In attesa di capire cosa succederà a Montecitorio e a Palazzo Madama, a bocce ferme, tra i cambiamenti più incisivi previsti dal disegno di legge c’è quello relativo all’abuso d’ufficio: scomparirà.
Ma per un’ipotesi di reato che scompare, ce n’è una che viene ampliata. Quale? Il traffico di influenze illecite: rispetto alla norma precedente, con il disegno partorito da Nordio si prevede che la relazione del mediatore con il pubblico ufficiale (l’aspetto cardine della condotta) debba essere sfruttata intenzionalmente e non solo vantata. Altre modifiche: l’utilità data o promessa dal mediatore deve essere di natura economica, la pena minima prevista è salita ad un anno e mezzo (fino a un massimo di 4 anni e 6 mesi) e se l’autore collabora con la giustizia non verrà punito.
Se la riforma proposta da Nordio riceverà l’ok dal Parlamento, potranno essere pubblicate solo le intercettazioni il cui contenuto è prodotto dal giudice nelle motivazioni di un provvedimento o se affrontate nel corso del dibattimento. La polizia giudiziaria e i pubblici ministeri non potranno, rispettivamente, riportare nei verbali di intercettazione e nelle richieste di misure cautelari i dati relativi a soggetti diversi dalle parti coinvolte nell’inchiesta, salvo che risultino rilevanti ai fini dell’attività investigativa. E il giudice non potrà acquisire le registrazioni che riguardano soggetti esterni all’indagine.
Più tutele per l’indagato in relazione alle eventuali misure cautelari a suo carico. Se non ci sarà l’esigenza di un arresto “a sorpresa” (ovvero quando c’è il pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio e se non si tratta di delitti commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale), la persona sottoposta ad indagine dovrà affrontare un interrogatorio preventivo. Scompare quindi quello di garanzia che adesso si tiene dopo l’esecuzione della misura.
Ad oggi, a decidere se emettere o meno un’ordinanza di arresto spetta ad un solo giudice. Con la riforma Nordio, invece, dovranno essere tre. Sarà una scelta collegiale. Ma questa indicazione cozza con il numero esiguo di magistrati al momento in servizio. Ed infatti è stato previsto che la norma si applichi a 2 anni di distanza dall’entrata in vigore della legge per dare la possibilità di aumentare l’organico di almeno 250 unità.
Cambia anche l’informativa di garanzia, che dovrà contenere “una descrizione sommaria del fatto”, oggi non prevista. La notifica dell’atto tramite polizia giudiziaria avverrà solo in casi di urgenza e c’è il divieto di pubblicarla fino alla chiusura delle indagini preliminari.
Tra i temi che hanno suscitato maggior dibattito c’è quello riguardante l’impossibilità che avrà il pubblico ministero di impugnare le sentenze di proscioglimento: l’organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’articolo 550 del codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva).
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