L’umanità artificiale

La notizia è ancora poco diffusa, lontana, com’è, dalle attenzioni e dalla comprensione di quella maggioranza di persone chiamate “umanità”. Troppo di nicchia, difficile da illustrare con facilità e soprattutto non ancora ritenuta accessibile ai comuni mortali. Nella società digitale, quella nella quale tutto si sacrifica in nome della velocità (al posto della riflessione), talune news non entrano nel bagaglio di conoscenze personali. Abbiamo più volte scritto che le tecniche di procreazione medica assistita, insieme alla genomica predittiva, alle cure personalizzate e alle tecniche di manipolazione di geni ed embrioni, stavano portando la civiltà verso frontiere inesplorate e approdi metafisici. In sostanza verso le pratiche eugenetiche capaci di selezionare la razza umana. Ecco allora la notizia che non t’aspetti: un team di scienziati ha realizzato embrioni sintetici umani! E lo ha fatto utilizzando cellule staminali in un progresso rivoluzionario che elude la necessità dei gameti (ovuli o spermatozoi). Lo riporta il giornale inglese The Guardian attraverso la biologa Magdalena Zernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology. Per la serie: ecco l’uomo che vuole farsi Dio, creando la vita fino ad ottenere un “involucro” delle dimensioni paragonabili a quelle di un embrione di tre mesi. Il passo verso la creazione di un individuo nato dalla manipolazione e dall’uso di cellule totipotenti, è decisivo perché da queste stesse cellule, adeguatamente trattate e stimolate, riescono a differenziarsi armonicamente tessuti embrionali dai quali poi si crea il processo di embriogenesi vero e proprio. L’embrione creato in laboratorio, però, non è completo: mancano infatti organi decisivi come cuore e cervello perché costituiti da tessuti più esigenti e specifici non ancora ottenuti dalle cellule primordiali. Tuttavia sarà questione di tempo perché anche questo gap sia colmato, ancorché tremendi interrogativi etici e scientifici si parano innanzi a tali tecniche incipienti. Ecco il paradosso futuro: milioni di esseri umani allo stato embrionale, forse privi di ogni tutela “umana” e di ogni possibilità di sopravvivere, potranno essere di rimpiazzo a quelli mai nati, anche per pratiche abortive. Di converso la scienza si impegna a produrre artificialmente “umani”, a selezionarli secondo tipologia e razza nella ricerca di dare risposta a un dramma sempre più diffuso, per i fattori tossici ambientali ed epigenetici. Fattori che influenzano la fertilità fisiologica. In parole povere: l’uomo inquina l’ambiente e questi inquina l’uomo riducendone progressivamente la capacità procreativa. Risultato: la scienza cerca surrogati artificiali per porre rimedio a questo stato di cose. Un circolo vizioso, il nostro, che nel giro di un paio di secoli rischia di portare a una radicale trasformazione della composizione e della natura stessa della nostra razza. La forza lavoro, pesante, rischiosa, usurante, sarebbe affidata a esseri costruiti con embrioni sintetici artificiali, a una classe eletta di concepiti naturalmente, magari anch’essa meglio selezionata. Fantascienza? No: semplice e logica necessità di scopo da realizzare per mantenere la società e il suo benessere. Non vado oltre perché non sono uno scrittore di romanzi, ma un cultore della biologia, un difensore delle leggi naturali, di un creato perfetto e insostituibile che deve essere conservato. Sia chiaro, il mio è un approccio epistemologico e laico, che non si fa influenzare dal dettato religioso della Genesi. Come uomo di scienza credo perché vedo, secondo quanto affermato anche dall’Apostolo Tommaso. Non si tratta di aprire una disputa Darwiniana tra fautori della ricerca laica e della religione, quanto di prevedere gli effetti futuri di una scienza che procede imperterrita, per poter fare tutto quello che può e che riesce a fare. Parliamoci chiaro: una scienza irriflessiva e completamente irresponsabile non serve all’umanità né al suo bene futuro. Serve, semmai, al desiderio di potenza della tecnica, di chi la idolatra acriticamente e di coloro che ritengono buono e giusto tutto quello che è possibile realizzare in nome del progresso. Comunque sia, gli Stati dovrebbero controllare e disciplinare gli esiti di talune attività, non per mettere la museruola agli scienziati ma per evitare che il loro lavoro travolga tutto quello che esiste in natura per sostituirlo con quello che si riesce a produrre artificialmente. Lo abbiamo già sperimentato con la plastica, con gli antibiotici, con i fertilizzanti, con l’invasione antropica senza limiti, ritenute evenienze di progresso, ma che a distanza di mezzo secolo ci ritornano contro, annullando parte dei benefici ottenuti. Abbiamo un’Authority per tutto: lo Stato è pervasivo e onnipotente, mortificando gli individui e le loro libertà, ma non è capace di controllare taluni processi e arginarne i pericoli e le devianze scaturenti dai medesimi. Interrogativi drammatici: avremo un’umanità artificiale nel nostro futuro? Esisterà ancora, in quel contesto, l’Uomo?

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