Riprende il caso marò. Italia: “La giurisdizione è nostra”. India: “Noi vittime”

Foto Daniele Leone / LaPresse

MILANO – Dopo sette anni e mezzo, è ancora aperta la vicenda marò. Ha preso il via, infatti, l’ultima udienza al Tribunale arbitrale internazionale all’Aja, dove le delegazioni di Italia e India hanno espresso le loro posizioni. Per l’Italia, l’ambasciatore Francesco Azzarello nel discorso di apertura ha ribadito che il Paese rivendica la giurisdizione sul caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri della marina accusati della morte di due pescatori indiani a largo del Kerala. Secondo Azzarello, i marò erano membri delle forze militari italiane in servizio ufficiale, in servizio a bordo di una nave battente bandiera italiana in acque internazionali. Per questi motivi, deve essere loro conosciuta l’immunità dalla giustizia straniera.

I problemi

L’Italia, ha aggiunto Azzarello, ha mosso tutti i passi per poter esercitare la sua giurisdizione. Il procedimento in India, invece, secondo Azzarello non prevede la presunzione di innocenza e nel Paese i marò “sono stati considerati colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate”. Inoltre, ci sono stati “ingiustificabili ritardi” nel processo. Non si può, infine, non tenere in considerazione l’aspetto umanitario, visto che Latorre e Girone sono stati privati, in modi diversi, della libertà negli ultimi sette anni e mezzo.

L’attesa della sentenza

Il rapporto fra Italia e India, ha spiegato Azzarello, è stato teso per lungo tempo, ma finalmente ora, dopo la sentenza del 2016, le relazioni “sono tornate su un percorso di normalizzazione”, in attesa che il tribunale dell’Aja emetta la sentenza definitiva. Opposta, ovviamente, la posizione di Balasubramanian, rappresentante dell’India, che ha ribadito come “i due pescatori sono le vittime”. L’udienza sul caso Enrica Lexie durerà due settimane, fino al 20 luglio, e la sentenza arriverà entro sei mesi.

LaPresse

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