Ritorniamo a cantare ‘O surdato ‘nnammurato

Sono ormai 50 anni che solco il palcoscenico. Da due secoli lo fa la mia famiglia. Insomma, conosco lo spettacolo in ogni sua forma e dimensione, ne conosco i pregi e i difetti, le insidie e le opportunità. Le ho viste tutte o quasi. Eppure non riesco a spiegarmi per quale stregoneria, improvvisamente e spontaneamente, 60mila persone inizino a cantare tutte insieme la stessa canzone sugli spalti degli stadi. E come riescano a farlo con intonazione, neanche fossimo al San Carlo. Sono d’accordo con l’intuizione di Pier Paolo Pasolini: “Il calcio è l’ultima rappresentazione del nostro tempo, è mito nel profondo. Si sostituirà al teatro”.

I cori spontanei, non quelli organizzati che pure hanno il loro fascino ma rispondono a codici diversi, sono la prova che Pasolini aveva ragione. Insomma, tutto questo teatrino per chiedere un regalo di Natale ai tifosi tutti del Napoli e allo Stadio San Paolo: torniamo a cantare ‘O surdato ‘nnammurato a fine partita. Lo ricordo come un momento magico da quand’ero bambino, lo rimpiango ora che da due o tre anni è praticamente scomparso dal repertorio partenopeo. Vedete, sentire Oje vita, oje vita mia cantata all’unisono dai tifosi azzurri mette allegria, crea entusiasmo, è romantico. E’ bello. La canzone, poi, sembra scritta apposta per essere cantata sulle gradinate delle arene moderne. “Si’ sicura ‘e chist’ammore, comm’i’ so’ sicuro ‘e te” descrive l’amore incondizionato che tutti noi proviamo verso i colori azzurri. Nel bene come nel male. “Quanta notte nun te veco, nun te sento ‘int’a sti bbracce”, racconta i momenti no della squadra, le nostre sofferenze quando il Napoli perde. Ma poi tutti ci ricordiamo che “‘A cchiù bella ‘e tutt’e bbelle, nun è maje cchiù bella ‘e te!”.

E si sa, il primo amore non si scorda mai perché “‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me”, per noi. Non so se i tifosi hanno smesso di cantarla in polemica con la società, non so se è una semplice casualità. Ma è Natale, il Napoli è tornato a regalarci un primo timido sorriso con la vittoria contro il Sassuolo. A questa squadra, a questa tifoseria serve un po’ di serenità. E’ così anche a teatro: la risata chiama risata, la gioia chiama gioia. Rispettando il diritto di ognuno di noi al mugugno, alla sacrosanta critica. Dio solo sa quanto serve però una bella risata pacificatrice e di buon auspicio. Gli azzurri per Natale ci hanno regalato una vittoria che mancava da troppo tempo, noi regaliamoci di nuovo quelle poche parole cantate al San Paolo che tante volte hanno fatto il giro del mondo e riscaldato i nostri cuori: “Oje vita, oje vita mia…”.

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