Serena Autieri si racconta a “Cronache”: “Ho sempre sognato di fare l’attrice”

A teatro con “La Menzogna” di Florian Zeller, questo fine settimana sarà a Caserta

NAPOLI – Un’artista a tutto tondo Serena Autieri, nata a Napoli il 4 aprile 1976. Fin da bambina sognava di diventare una grande attrice studiando già da subito danza classica, canto e recitazione. La ragazza che già nel 1997 aveva inciso il suo primo album, nel giro di pochissimi anni riusciva a consolidare la propria posizione sul piccolo schermo diventando un volto fisso delle fiction tv. Sposata con Enrico Griselli che l’accompagna anche come manager, è madre di una bambina, Giulia, di soli 6 anni. Del segno dell’ariete, Autieri si mostra sempre molto determinata verso gli obiettivi da raggiungere. Gli studi adolescenziali le prospettavano un futuro da architetto ma la passione per la recitazione e la musica è stata troppo forte. E così ha deciso di cambiare completamente strada e di lanciarsi alla conquista del mondo dello spettacolo. “Sì, è vero – spiega – appena 13enne ho iniziato il mio percorso artistico esibendomi nei locali e incidendo il mio primo disco solo 5 anni dopo. Poi mi sono trovata davanti ad un bivio e avendo già degli impegni professionali nel settore artistico, ho scelto la professione che ho sempre sognato e desiderato fare, l’attrice e la cantante”. Presto sarà su Rai 1 in ‘Un passo dal cielo’, la fortunata serie giunta alla quinta stagione nei panni di un’altoatesina. Poi c’è il teatro, tanto teatro. Già protagonista di Rosso napoletano e La sciantosa, ha dato vita a un’intensa Rosetta nel Rugantino di Montesano. Ora sta portando in scena ‘La menzogna’, di Florian Zeller, con la regia di Piero Maccarinelli, con cui sarà a Caserta, al Teatro Costantino Parravano in questo fine settimana.

Lei è napoletana, che ricordi ha della sua infanzia?

Ho ricordi bellissimi vissuti sempre tra l’amore e all’allegria della mia famiglia, davvero stupenda. E questo è sicuramente quello che mi manca di Napoli, la mia famiglia, che però ogni tanto riesco a vedere.

I suoi genitori che futuro sognavano per lei?

Mia madre assolutamente sognava che facessi ciò che faccio perché anche lei aspirava a diventare attrice e la cantante. Donna molto bella, mia madre, mi ha spinto fortemente verso il mondo dello spettacolo. Mio padre invece, non era d’accordo, ma poi col tempo si è dovuto ricredere.

Questo è un lavoro che ama, ma costa tanti sacrifici.

Moltissimi. Ho fatto molta gavetta e la sto facendola ancora anche perché è sempre la chiave migliore per arrivare preparati. Penso che partire da zero sia una cosa importantissima per la crescita professionale. Dopo un po’ di anni si vedono i frutti e col tempo spero sempre di migliorare.

Tra l’attrice e la cantante, cosa la gratifica di più?

Mi piace farle entrambe, e con la commedia musicale è l’ideale.

Il canto per lei cosa significa?

Mah, credo che il cantare abbia importanza nella vita dell’essere umano sempre e comunque, al di là della professione. Spesso si associano momenti della vita a delle canzoni e nel mio caso, appassionata di musica, è stato ed è fondamentale.

La sciantosa, un personaggio che le calza a pennello…

Si, fa parte del mio vissuto. La Sciantosa è uno spettacolo che mia piace portare in giro proprio perché rappresenta la cultura napoletana. Anche in altre città e non solo a Napoli lo spettacolo è molto apprezzato. Devo dire che, magari in zone dell’Italia del Nord dove non è proprio un grande desiderio andare a teatro a vedere uno spettacolo di musica napoletana, poi alla fine il pubblico mostra di aver gradito.

Ci parli di Rosso Napoletano.

Raccoglie il canto di libertà di un popolo che, armato solo del suo orgoglio e della sua geniale creatività, ispirato dalla forza inarrestabile del suo Vulcano, durante le Quattro Giornate di Napoli insorge per salvare i suoi figli e la sua ricca e gioiosa identità. Dodici personaggi e un grande corpo di ballo gravitano tra le rovine di una Napoli allo stesso tempo contingente e fuori dal tempo che in una sorta di astrazione temporale parla e partecipa, come un coro greco, per bocca dei suoi muri, dei suoi vicoli e dei suoi sotterranei.

Garinei, Trovaioli e Albertazzi, tra grandi registi con cui ha lavorato. Quanto l’hanno aiutata nella crescita professionale?

Molto, ognuno nel suo campo. Questo è un lavoro dove si studia e studiare significa avere delle occasioni e lavorare come un grande artista come Giorgio Albertazzi, ad esempio, è stato qualcosa di veramente eccezionale. Vedere e capire come interpreta un testo, come ricopre un ruolo e carpire qualche consiglio da lui durante le tante ore di prova, significa poter crescere professionalmente. Stessa cosa vale per Garinei per quanto concerne la commedia musicale. Mi ha aiutato nell’impostazione artistica e mi ha fatto capire come gestire il ruolo sia nel balletto che nella parte cantata, imparando molto anche dal punto di vista organizzativo sul lavoro in scena. Con Trovaioli, poi, c’è stato un incontro molto felice, ricco ed emozionante. Mi ha dato la possibilità di capire come è stata intesa la commedia musicale italiana fin dalle sue radici, di cui lui è il fondatore. E’ stato importante avere un percorso professionale con lui. Nel Rugantino, ad esempio, con Enrico Montesano, già sapevo cosa Trovaioli volesse e pretendesse da me sulla scena.

E Pippo Baudo con cui ha condotto Sanremo nel 2003?

Personaggio di immenso spessore e carisma. Mi ha dato la possibilità di farmi conoscere al grande pubblico televisivo e questo per me ha significato moltissimo per il prosieguo della mia carriera di artista.

Secondo lei, quanto è cambiato il teatro negli ultimi anni?

Non so quanto, ma qualcosa è cambiato: la gente va meno a teatro rispetto a qualche anno fa. Bisogna comunque ricordare che l’opera teatrale resta la forma di intrattenimento più antica che si perde nella notte dei tempi. E, tutt’oggi, consente a noi operatori del settore, di lavorare e fare delle previsioni per il futuro. Forse il teatro non è stato in grado di aggiornarsi e rispondere alle esigenze rimanendo poco appetibile ai giovani: ecco secondo me l’unica vera pecca.

Sabato 9 e domenica 10 marzo sarà al Teatro Parravano di Caserta con ‘La Menzogna’…

Un lavoro scritto dal più grande commediografo del momento, il francese Florian Zeller, diretto dal regista Piero Maccarinelli, tra i più grandi con cui ho lavorato. La storia narra di due coppie di amici che si ritrovano a cena dopo molto tempo. Ma ad un certo punto un grande disagio piomba fra loro con le parole che nascondono frustrazioni, risentimenti, bugie e sensualità. E’ una ridicola resa dei conti che mostra la falsa morale dietro le convenzioni: Paolo e Alice, Lorenza e Michele credono di vivere in un sistema di valori condivisi che si possono facilmente trasgredire, ma la dimensione non è psicologica e è tutto è affidato alla parola, al teatro. Si tratta di un abile gioco di maschere, divertente e crudele che rende confusi i confini fra la menzogna e la verità, il reale e l’immaginario, dove l’adulterio sembra essere l’unico orizzonte della vita coniugale. La commedia costringe gli attori ad abbandonare l’arco psicologico o narrativo dei personaggi perché, di volta in volta ognuno di loro è chiamato a recitare o giocare un ruolo opposto a quello che ha vissuto nella scena precedente. E devono farlo con molta leggerezza senza dare la sensazione di mentire. Una commedia da vedere.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome