Sicilia: scavi clandestini, 11mila reperti sequestrati dai carabinieri

I carabinieri del nucleo per la tutela del Patrimonio culturale (Tpc) di Palermo, in collaborazione con la sezione di Siracusa e il comando compagnia carabinieri di Santo Stefano di Camastra, hanno sequestrato oltre 11mila reperti archeologici provento di scavi clandestini

Foto LaPresse

PALERMO – I carabinieri del nucleo per la tutela del Patrimonio culturale (Tpc) di Palermo, in collaborazione con la sezione di Siracusa e il comando compagnia carabinieri di Santo Stefano di Camastra, hanno sequestrato oltre 11mila reperti archeologici provento di scavi clandestini. L’attività è stata coordinata dalla procura di Patti e ha origine da una segnalazione pervenuta alla soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Messina su scavi clandestini avvenuti all’interno dell’area archeologica di ‘Halaesa Arconidea’ nel territorio di Tusa (Messina), sito risalente al 403 a.C. È stata emessa una denuncia per ricerche archeologiche non autorizzate e impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato, reati previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio.

A seguito di una perquisizione, in due abitazioni sono state sequestrate a Caronia (Messina) e a Siracusa, oltre 11mila reperti archeologici costituiti da lucerne, pesi da telaio, testine, oscilla, tessere di mosaico, elementi in pasta vitrea, elementi in bronzo, frammenti ceramici risalenti a varie epoche (arcaica, a vernice nera, rosa, di età medioevale), corredati da ‘pizzini’ con l’indicazione dei siti archeologici siciliani di provenienza, tra cui Himera, Morgantina e Megara Hyblea.

“Questo recupero – scrivono i militari – è il prodotto della mirata e costante attività di controllo e di monitoraggio dei siti archeologici siciliani svolta dal Comando Tpc, in sinergia con i Comandi dell’Arma territoriale e gli enti regionali di tutela, finalizzata anche all’individuazione di raccolte amatoriali non autorizzate dalle Autorità competenti, che causano danni irreparabili e permanenti nelle aree archeologiche. L’operazione costituisce un importante segno della presenza dello Stato nella prevenzione e nella repressione dei reati contro il patrimonio culturale”.

(LaPresse)

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