Soldi per superare i concorsi nell’esercito e nella polizia penitenziaria, 6 nei guai

I finanzieri: il denaro veniva consegnato presso il bar Hopera Caffè di Capua

TEVEROLA – Un “caffè” che arrivava a costare fino a 40mila euro. E in cambio di quella preziosa consumazione, chi la pagava avrebbe ricevuto garanzie sul superamento dei concorsi per entrare nel corpo della penitenziaria o nell’esercito italiano: è il tema dell’indagine, coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Pierpaolo Bruni, che ha coinvolto 6 persone. Chi sono? Franco Di Rauso, 57enne di Capua, luogotenente dell’esercito in servizio presso il comando divisione ‘Acqui’ di Caserta, e il fratello Antimo Di Rauso, 45enne, già candidato (nel 2022) al consiglio comunale con la lista Oltre e referente del centro ‘Ansi-Gruppo Capua’, struttura che si dedica alla preparazione ai concorsi nelle forze armate. Nell’elenco degli inquisiti anche il fisioterapista Emilio Cinquegrana, 51enne di Camigliano, e tre appartenenti alla penitenziaria: Roberto Ottati, 50enne di S. Maria Capua Vetere, oggi dirigente presso il provveditorato regionale della Campania, Leo Beneduci, 66enne di Roma, ispettore superiore e segretario generale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria), e Vincenzo Palmieri, 52enne di Teverola, vice ispettore e segretario regionale dell’Osapp. Ai 6 viene contestato il reato di traffico delle influenze illecite.

Il pubblico ministero Anna Ida Capone, che si è occupata del caso, dopo aver dichiarato concluse le indagini preliminari, condotte dai finanzieri del Gruppo di Caserta, ha proposto la richiesta di rinvio a giudizio. E a decidere se dare il via o meno al processo adesso toccherà al giudice Rosario Dello Stritto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: l’udienza preliminare si celebrerà a marzo del prossimo anno.

Il caffè di cui alcuni degli indagati parlavano al telefono, sostengono le fiamme gialle, non era altro che il denaro che i candidati ai concorsi o i loro familiari avrebbero dovuto sborsare per essere aiutati in queste procedure. Gli investigatori hanno tracciato un vero e proprio tariffario: per ottenere l’idoneità bastavano 15mila euro, per essere inseriti anche in graduatoria, invece, con relativa convocazione, bisognava versare 20mila euro. Occorreva sborsare dai 30mila ai 40mila euro, invece, se c’erano da superare caratteristiche fisiche dell’aspirante o imprevisti che, in condizioni normali (senza ‘caffè’), avrebbero impedito il superamento del concorso. Questo denaro, stando alla tesi dell’accusa, veniva consegnato in varie tranche ad Antimo Di Rauso presso il bar Hopera Caffè di Capua che successivamente lo avrebbe suddiviso con “altre persone a cui doveva dare conto”. Tredici i ‘caffè’ costosissimi che Di Rauso avrebbe bevuto al locale capuano documentati dai finanzieri. Resta da accertare, però, dove i soldi ipoteticamente presi dagli indagati siano andati a finire, se siano effettivamente andati ai componenti delle commissioni dei concorsi e a chi poteva realmente (non millantando) indirizzare le procedure. In questo sistema, Ottati avrebbe intrattenuto rapporti con i ragazzi che partecipavano ai concorsi dopo che o personalmente o tramite Antimo Di Rauso i loro genitori avevano versato il denaro, prodigandosi, inoltre, sostiene la Procura, per garantire l’idoneità ai candidati. Cinquegrana, invece, avrebbe fatto da intermediario tra gli aspiranti poliziotti o militari e Antimo Di Rauso. In questo supposto meccanismo, Franco Di Rauso, dice la guardia di finanza, vantava rapporti con pubblici ufficiali appartenenti all’esercito (non ancora identificati) e monitorava sia il superamento delle prove dei candidati, sia il sistema dei trasferimenti presso sedi maggiormente gradite dai vincitori (e per influire sulla destinazione si sarebbe fatto dare, in base a quanto ha ricostruito l’accusa, tra i 4mila e 5mila euro). Il gancio tra i casertani e pubblici ufficiali appartenenti alla polizia penitenziaria utili per consentire ai candidati che avrebbero pagato il successo nel corso sarebbero stati Palmieri e Beneduci (quest’ultimo vantava, dice la Procura, relazioni anche con i pubblici ufficiali medici del centro nazionale reclutamento di Roma). Ad assistere i 6 sono gli avvocati Angelo Raucci, Vincenzo Alesci, Maria Amoroso, Antonio Mirra, Antonio Salzano ed Emilio Russo. Gli imputati sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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