Sovranismo o liberalismo?

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

Il discorso di Giorgia Meloni alle Camere ha proposto una sorta di Bad Godesberg della destra italiana: mercato dove possibile, Stato dove necessario. In linea di principio è difficile dirsi contrari, ma in concreto tutto dipende da come, dove e con quale profondità si traccia la linea tra il “possibile” e il “necessario”. Per dirla con le parole dell’economista liberale Carlo Stagnaro, per conoscere la risposta, non è sufficiente leggere o interpretare l’intervento della leader di FdI: è necessario osservare i prossimi passi del suo nuovo governo. In effetti, nei prossimi mesi, l’esecutivo si muoverà nel solco della politica che Mario Draghi ha tracciato e che, tra aiuti e sussidi, ha alzato il debito pubblico bruciando oltre sessanta miliardi di euro generati, sostanzialmente, dal maggiore gettito che la ripresa economica post Covid aveva determinato con l’aumento del prodotto interno lordo. Una ripresa che pure aveva consentito all’Italia di essere, tra i paesi europei, quello che aveva incrementato la ricchezza prodotta recuperando la scarsa crescita degli ultimi anni. Una primavera, ahinoi, durata, purtroppo, molto poco. Spezzata dalle ricadute che la guerra tra Russia ed Ucraina ha determinato con l’amento del costo dell’energia, l’inflazione e la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. Avendo Meloni ribadito che si prorogheranno  tutte le guarentigie ed i sussidi a lavoratori ed imprese c’è da ritenere che le idee innovative sbandierate dal centrodestra si avvieranno solo nel 2024. Un lasso di tempo abbastanza lungo in politica, che potrebbe impantanare gli aneliti di cambiamento ed i buoni propositi della prima donna premier italiana. Insomma, nel discorso programmatico del nuovo presidente del Consiglio ci sono contraddizioni di propositi che solo il tempo e le contingenze economiche chiariranno. Se la linea è quella di rilanciare il libero mercato di concorrenza, sciogliere i mille lacci che imprigionano l’impresa ed il relativo esoso carico fiscale, l’azione del governo andrà nella direzione liberal – liberista. Questo però cozza con la necessità di uno Stato che continui ad essere onnipresente ed onnipotente, burocrazia ridondante, tassazione e debito pubblico molto alto. Che lo Stato protegga i propri interessi in ambiti strategici (energia innanzitutto), va anche bene. Che questo, però, contrasti col fatto che lo stesso Stato si tenga strette le diecimila aziende partecipate, quasi tutte decotte ed infarcite di fannulloni, in nome della protezione nazionalista di altri ambiti produttivi, è altrettanto vero oltre  che deprecabile. In sintesi: si corre il rischio di un’impossibile sintesi tra modelli alternativi (stato e mercato). La ricerca della “terza via” tra capitalismo e statalismo ha caratterizzato l’eterna indeterminazione e le contraddizioni dei governi succedutisi nell’ultimo mezzo secolo in Italia. Un liberalismo di facciata, un liberismo (libero mercato di concorrenza ed il suo  corollario di efficienza, produttività e merito) ritenuto fonte di diseguaglianze sociali, ed uno statalismo pernicioso che si espande e si accresce col suo carico di sperperi e di clientele politiche. Tuttavia occorrerà aspettare il tempo necessario per constatare se vireremo verso il nuovo oppure verso un lento ed inesorabile ritorno alla politica dei pannicelli caldi e delle toppe a colore. Quando la Meloni afferma “contrasteremo logiche predatorie che mettano a rischio le produzioni strategiche nazionali” ed inoltre “intendiamo tutelare le infrastrutture strategiche nazionali assicurando la proprietà pubblica delle reti” che tipo di società e di economia si prefigura? La Bad Godesberg tedesca portò il partito socialista a trasformarsi in socialdemocratico, quella del centrodestra a guida Meloni porterà ad un nuovo corporativismo statalista oppure alla libertà piena e responsabile di coloro che vogliono fare e produrre ricchezza senza avere lo stato monopolista come concorrente privilegiato? Saprà inimicarsi sindacati, clienti e gruppi elettorali, annidati nei gangli degli apparati, oppure favorirà una nuova stagione di fertile imprenditoria ed occupazione? Sarà bene ricordare che liberalismo e libero mercato di concorrenza non sono separabili e che la prima libertà è quella del “poter intraprendere”, così come fu delineata da Luigi Einaudi nella controversia polemica con Benedetto Croce il quale intendeva che le due cose si potessero, filosoficamente, separare. Se non si esce da questo equivoco di fondo, se non si recide il nodo gordiano dello Stato che prevarica e sopravanza ciò che non vive sotto la propria egida, anche Meloni affogherà nella palude del quieto vivere e degli eterni, inutili, compromessi. 

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